Rangoon (Birmania), 30 set. (LaPresse/AP) – La diga di Myitsone, sul principale fiume del Paese, l’Irrawaddy, non si farà. Lo ha annunciato questa mattina il presidente della Birmania Thein Sein, accogliendo le richieste degli ambientalisti che da tempo chiedono la cancellazione del progetto idroelettrico, finanziato in larga parte dalla Cina. In una nota letta in Parlamento dal deputato Thura Shwe Mann, Thein Sein ha dichiarato che la costruzione della diga, dal valore di 3,6 miliardi di dollari, deve essere bloccata perché non rispetta il volere di popolo e parlamentari, contrari alla sua realizzazione. Anche il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi ha chiesto, a fianco di ambientalisti e altri gruppi, la revisione del progetto. Questo costringerebbe infatti gli abitanti dei villaggi di una zona vasta come Singapore, che verrebbe allagata, a lasciare le proprie case. Avrebbe inoltre un forte impatto sull’ecologia del fiume, che rappresenta una importante fonte di sostentamento per la popolazione.

La decisione del presidente è stata ben accolta dagli ambientalisti e rappresenta anche un passo avanti nelle relazioni politiche interne al Paese. Per la prima volta, infatti, si è avuta un’unione di intenti tra il governo e il movimento pro-democratico birmano. “Diamo il benvenuto alla sospensione del progetto”, ha commentato Nyan Win, portavoce di Aung San Suu Kyi. La presa di posizione del governo sembra però essere stata abbastanza improvvisa. All’inizio del mese, infatti, un articolo del settimanale Eleven riportava che il ministro dell’Energia elettrica Zaw Min aveva promesso di portare avanti la costruzione nonostante le obiezioni. Il progetto, affidato a una compagnia cinese, avrebbe dovuto rifornire di energia elettrica proprio la vicina Cina.

Anche se l’esecutivo di Thein Sein è stato eletto, subentrando a una giunta militare da lungo tempo al potere, ha dovuto lottare per guadagnarsi la legittimazione del popolo. Sulla Birmania rimangono attive le sanzioni politiche ed economiche degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali, ma il nuovo governo ha mostrato una certa apertura verso nuove forme di liberalizzazione. Recentemente sono anche circolate voci secondo cui presto rilascerà i prigionieri politici che, secondo i gruppi per i diritti umani, sono circa 2mila.

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