Roma, 19 set. (LaPresse) – “I paesi europei sono vergognosamente venuti meno al dovere di aiutare migliaia di rifugiati, per lo più africani, abbandonati nei pressi dei confini libici”. E’ quanto ha denunciato Amnesty International in un documento in cui critica duramente i governi dell’Unione europea “per non aver offerto il reinsediamento a circa 5000 rifugiati che versano in condizioni drammatiche lungo il confine libico-egiziano e libico-tunisino e che andrebbero incontro alla persecuzione o alla guerra se rinviati nei paesi di origine”. Secondo Nicola Beger, direttore dell’ufficio di Amnesty presso le istituzioni europee, “c’è un abisso fra la sofferenza dei rifugiati alle porte dell’Europa e la risposta data dall’Unione europea”.
“Un fallimento evidente – spiega Beger – considerato il fatto che alcuni paesi europei, partecipando alle operazioni della Nato in Libia, hanno preso parte a quel conflitto che è stato uno dei principali motivi dello spostamento non volontario di quelle persone. I ministri degli Interni dell’Unione europea devono affrontare urgentemente la questione dei reinsediamenti, inserendola all’ordine del giorno del Consiglio giustizia e affari interni del 22 settembre”. Secondo la testimonianza di Amnesty un migliaio di persone, tra cui cui cittadini eritrei, etiopi, iracheni, ivoriani, palestinesi, somali e sudanesi, si trova attualmente al posto di frontiera egiziano di Saloum. La maggior parte dorme sotto ripari di fortuna fatti di plastica e coperte, i bambini e le donne sotto due tendoni.
“Tutte queste persone – spiega l’organizzazione internazionale – non possono tornare nei loro paesi di origine a causa del rischio di subire persecuzioni o le conseguenze dei conflitti in corso. Né – sottolinea Amnesty International – può essere un’opzione il ritorno in Libia, paese che non è attualmente in grado di offrire protezione ai rifugiati. Australia, Canada e Usa hanno espresso disponibilità a reinsediare alcuni dei rifugiati. Per quanto riguarda l’Unione europea, la disponibilità è stata offerta solo da otto paesi e riguarda meno di 700 persone”.
“Amnesty International – conclude l’organizzazione – chiede alla comunità internazionale, e in particolare agli stati dell’Unione europea, di condividere le responsabilità della crisi in corso per reinsediare i rifugiati in fuga dalla Libia. I paesi disponibili ai reinsediamenti dovrebbero lasciare da parte le quote annuali per affrontare questa situazione”.
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