Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, Facebook e le altre continuano a perdere terreno. Cosa succederà adesso? L'analisi di Raffaele Mauro, managing director di Endeavor Italia

Tempi duri per le grandi aziende del digitale e in primis per Facebook, ancora alle prese con l'onda lunga dello scandalo Cambridge Analytica. Il crollo di ieri del Nyse Fang certifica però una tensione più estesa. L'indice statunitense che monitora i risultati di Borsa di dieci tra le maggiori aziende del settore, da Amazon a Twitter, ha perso il 5,6% ieri e il 6% in una settimana, realizzando la peggior performance da quando è stato creato. Un campanello d'allarme che ha trovato oggi conferma nell'apertura in rosso del Nasdaq e nei riverberi anche da questo lato dell'Atlantico, con Stmicroelectronics che si è trovata in mattinata a vestire la maglia nera del Ftse Mib. Secondo Raffaele Mauro, managing director di Endeavor Italia, società specializzata nel sostegno alle imprese ad alto potenziale, non si va però verso lo scoppio di una bolla. Intervistato da LaPresse, l'esperto parla piuttosto di una crisi di fiducia da parte del grande pubblico.

Che cosa sta succedendo? C'è stato un contagio dopo il caso Cambridge Analytica?

La mia impressione è che le grandi imprese digitali stiano vivendo un "momento Wall Street". Come dieci anni fa è successo ai grandi nomi della finanza, ora si è creato una sorta di astio collettivo verso le imprese tecnologiche. Questo riflette anche una dinamica di potere concreta, visto che queste aziende sono nel frattempo diventate le più capitalizzate tra quelle presenti sul mercato. Ma il punto credo sia che si è creata una proiezione psicologica negativa su questi soggetti. In più, inizia a emergere l'importanza dei dati: le nostre vite si svolgono sempre di più su internet e il fatto che queste grandi piattaforme possano avere forme di controllo sui dati ha una rilevanza politica e sociale sempre più chiara.

C'è da dire che dieci anni fa la finanza ci ha messo del suo, con la crisi dei subprime. Lo scandalo Cambridge Analytica potrebbe rappresentare qualcosa di simile per il tech?

Assolutamente no, la mia opinione – soggettiva – è che siano situazioni non assimilabili da questo punto di vista. Il paragone ha senso solo se parliamo di percezione collettiva, non di comportamenti fraudolenti.

Il problema può essere circoscritto alla percezione dei mercati? Con l'arrivo di nuove norme fiscali come quelle proposte la scorsa settimana dalla Ue non c'è il rischio che le aziende digitali inizino a mostrare crepe anche nei fondamentali?

Non credo che il modello di advertising su cui basano i loro ricavi smetterà di funzionare anche in presenza di forme di tassazione diverse. Insomma, Facebook non fallirà certo perché dovrà pagare le tasse nell'Unione europea. Se parliamo di fondamentali, piuttosto, ha senso rilevare che – contrariamente a quanto si può pensare – è molto difficile rimanere indietro rispetto alle nuove tecnologie. E che anche giganti come Google e Facebook devono sforzarsi per stare al passo. Basti pensare a come Google si sia trovata a rincorrere il boom dei social con Google+ e come sia riuscita invece ad agganciare quello del mobile con Android. Ora il fenomeno emergente è l'intelligenza artificiale, che Google ha preso in pieno, mentre Facebook sta cercando di adeguarsi.

Il momento difficile che affrontano le grandi potrebbe riverberarsi in qualche modo sulle aziende più piccole e le startup del panorama digitale?

In realtà non c'è nulla di nuovo sotto al sole, in questo senso. Le grandi aziende sono sempre un po' più lente ad adattarsi al cambiamento, è successo anche a Microsoft con internet, e per i soggetti più piccoli ci sono sempre opportunità che possono essere colte. Indipendentemente dalla situazione dei big.

Quali possono essere le prospettive nell'immediato futuro? Tutto si aggiusterà, ci sarà una inversione di tendenza o addirittura vedremo bolle scoppiare?

Naturalmente non sono in grado di predire il futuro. Detto questo, è vero che c'è stato un surriscaldamento dei mercati, ma trovo scorretto parlare di bolla. L'impatto di queste aziende sull'economia reale è oggettivo: ormai sono un pezzo importante delle infrastrutture mondiali. I mercati potrebbero anche invertire la tendenza rispetto a questo surriscaldamento, andando a raffreddarsi. Non vedo però bolle che possono scoppiare.
 

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