Effetti pesantissimi sui mercati dopo la vittoria del 'Leave' al referendum

Seduta epocale che verrà ricordata nel futuro come il 'venerdì nero della Brexit'. I cittadini della Gran Bretagna hanno espresso il loro verdetto: lasciare l'Unione europea e affrancarsi da Bruxelles. Il mercato delle valute ha risentito per primo del contraccolpo, con la sterlina che ha immediatamente subito il deprezzamento maggiore dal 1985, quel lontano 'venerdì nero' in cui la divisa britannica fu sganciata dal serpente monetario dello Sme.

La reazione è stata immediata da parte degli investitori che si sono spostati sugli asset ritenuti più 'protettivi': l'oro è schizzato sui massimi dal 2015 a 1320 dollari per oncia e il Bund ha fatto registrare un nuovo minimo storico intorno alle 08,30 portando lo spread temporaneamente a 172 punti base.

In questo contesto la Borsa di Milano ha registrato una chiusura da incubo, con l'indice Ftse Mib in caduta libera del 12,48% a 15.723,81 punti. Si tratta del crollo peggiore di sempre per Piazza Affari, che fa parte del gruppo del London Stock Exchange. La Borsa di Milano l'11 settembre del 2001 aveva perso il 7,57% e dopo il crac Lehman Brothersl'8,24%. Una comparazione è possibile a partire dal 1994.

Gli operatori hanno avuto vita non facile nel far incontrare l'elevatissimo volume di ordini che perveniva sul mercato e molti titoli sono stati ammessi alle contrattazioni con ritardo per evitare situazioni di sell off e sospensioni a raffica dalle contrattazioni.

Sul listino milanese le vendite si sono concentrate sul bancario e in particolare sugli istituti a rilevanza sistemica come Unicredit -22,76% a 2,10 euro e Intesa SanPaolo -22,49% a 1,75 euro. Male anche le popolari con Bper che ha lasciato sul parterre il 23,31% del suo valore e Bpm che segna il -22,78% in chiusura.

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