La fotografia del rapporto di Istat e Banca d'Italia. Ripresa differente nei vari settori

Cresce la ricchezza netta delle famiglie italiane, ma meno che in altri Paesi Ue. E sale il valore delle attività finanziarie. È questa la fotografia scattata dal documento statistico di Banca d’Italia e Istat su ‘La ricchezza dei settori istituzionali in Italia 2005-2021’. Notizie anche sul fronte lavoro: nel 2022 sono state create circa 380.000 posizioni lavorative, un valore superiore a quello registrato nel 2019, prima dell’emergenza sanitaria, come emerge dalla nota congiunta sul mercato del lavoro realizzata da ministero del Lavoro, Banca d’Italia e Anpal. E il documento dice anche che il bilancio del 2022 “è ampiamente positivo, ma si conferma il rallentamento del mercato del lavoro a fine anno”.

La situazione 

Luci ed ombre quindi sulla ricchezza netta delle famiglie del Belpaese. Rispetto ad alcune economie avanzate (Francia, Germania, Spagna, Usa, Canada e Uk) infatti nel 2021 è cresciuta a un tasso inferiore, quella italiana è tra le più basse in termini pro capite. Alla fine del 2021 la ricchezza netta delle famiglie italiane ha raggiunto 10.422 miliardi di euro, ossia 176 mila euro pro capite. Rispetto al 2020 la crescita è del 3% in termini nominali, anche se la ricchezza netta delle famiglie si è leggermente ridotta in rapporto al reddito lordo disponibile. La pandemia non ha dunque interrotto il trend positivo dal 2019, anche se la ricchezza in termini reali si è ridotta dell’1,1%, in controtendenza rispetto al 2020 (+1,7%). E in rapporto al reddito è scesa da 8,71 a 8,66.

Anche il valore delle abitazioni, in ribasso dal 2012, è salito (+0,4%, cioè +23 miliardi), ma è diminuito il suo peso sulla ricchezza lorda, dal 46,6 al 45,4%. Sale inoltre il valore delle attività finanziarie (+6,6%), trascinato dai guadagni in conto capitale sulle azioni e sulle quote di fondi comuni. E vanno bene anche i depositi (+70 miliardi), però meno rispetto al 2020 (+104 miliardi). Inoltre, le passività finanziarie aumentano del 3,7%, soprattutto a causa della componente prestiti.

Tornando all’occupazione, la crescita occupazionale dell’anno è riconducibile esclusivamente alla componente a tempo indeterminato: sono stati creati oltre 400mila posti di lavoro stabili, nell’ultimo biennio è stato creato quasi un milione di nuovi posti di lavoro alle dipendenze nel settore privato non agricolo (al netto delle cessazioni). Nella nota congiunta di ministero del Lavoro, Bankitalia e Anpal, si spiega che che “la ripresa ha riassorbito completamente la caduta causata dall’emergenza sanitaria”. In particolare, come indicano i dati, nel 2021 le attivazioni nette sono state +602mila e nel 2022 +382mila (in totale +984mila).

La ripresa

La ripresa occupazionale dell’ultimo biennio è stata eterogenea per settori. Il comparto turismo, nonostante l’ottima performance dell’estate e il buon avvio della stagione quella invernale, rimane ancora sotto il livello pre-pandemia. Le costruzioni hanno invece registrato tassi di crescita molto forti a partire dall’estate del 2020. E nonostante il più recente rallentamento, la domanda di lavoro in questo comparto dovrebbe rimanere sostenuta anche per effetto degli investimenti che arriva dal Pnrr. Nei primi 11 mesi del 2022 il numero di disoccupati è diminuito di circa 120mila unità: una riduzione significativa anche se meno pronunciata rispetto a quella del 2021 dato che nello stesso periodo erano -350mila. Il rallentamento del mercato del lavoro nella seconda metà del 2022 si è riflesso in un aumento del numero dei disoccupati. Al calo dei disoccupati nel primo semestre è infatti seguita una risalita dalla fine dell’estate, diventata più marcata in autunno quando molti contratti a tempo determinato sono scaduti.

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