La scrittrice, deportata a soli 13 anni in un campo di concentramento, racconta la sua storia da Bruno Vespa
La scrittrice Edith Bruck, sopravvissuta ai campi di concentramento, ospite di Bruno Vespa a Cinque Minuti su Rai 1, ha parlato della donna che ispirato il titolo di uno dei suoi libri più noti: “Era una polacca, una kapò di Auschwitz. Io l’ho riconosciuta quasi subito. Mi ha fermato in un negozio a Roma e mi ha detto ‘Ma tu sei Edith di Auschwitz’. Mi è preso un colpo, mi sono voltata ed era la donna dal cappotto verde”.
“Si chiamava Lola e viveva a Roma come me. Denunciarla era quasi impossibile. E poi non ero convinta, perché non potevo sapere cosa aveva vissuto lei, che era stata deportata due anni prima di noi ebrei ungheresi. Non mi piace denunciare, non ho mai denunciato nessuna kapò, ne ho incontrato anche un’altra in Israele“, ha raccontato Bruck.
La scrittrice fu deportata con la sua famiglia nel 1944, quando aveva solo 13 anni. Solo lei e sua sorella si salvarono dal lager. Al momento della selezione, “mi hanno buttato con mia madre a sinistra, che voleva dire camera a gas, invece a destra i lavori forzati. Avevo 13 anni e il programma era proprio che non dovevo sopravvivere. L’ultimo tedesco a sinistra si è chinato su di me e mi ha sussurrato ‘vai a destra, vai a destra vai a destra!’, ha raccontato. “Io – ha proseguito – ho pianto per tre settimane per la mia mamma e continuavo a piangere. Il kapo del blocco diceva ‘non disturbare i tedeschi, piantala!’. Alla fine non ne poteva più e ha detto ‘Vieni ti faccio vedere io dov’è tua madre’. Mi portò all’ingresso del blocco e mi ha detto ‘Vedi quel fumo? Tua mamma era un po’ grassa? Allora hanno fatto il sapone. Creperete tutti voi”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata