La posizione della Pontificia Accademia per la Vita espressa in un vademecum dal titolo “Piccolo lessico del fine vita”

Sul fine vita “il dialogo sinceramente orientato dal rispetto dell’umano che è comune favorisce un percorso di apprendimento reciproco: non solo tra cattolici e non cattolici, ma tra tutti i portatori di diverse prospettive morali e differenti comprensioni del bene” tanto che “tra credenti e non credenti si stabilisce una relazione di apprendimento reciproco” rimanendo “quindi aperto lo spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo, secondo il tradizionale principio delle “leggi imperfette”.

È quanto si legge nell’introduzione de ‘Piccolo lessico del fine vita’, firmata da mons Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Il vademecum, 88 pagine, edito da La Libreria Editrice Vaticana (Lev), nella collana Humana Communitas.”La discussione aperta e rispettosa conduce a un dialogo pubblico capace di influenzare positivamente anche le decisioni politiche, mostrando come le mediazioni tra diverse posizioni non sono necessariamente destinate ad assumere la figura scadente di un compromesso al ribasso o della negoziazione per uno scambio di favori politici”, aggiunge mons. Paglia nella sua introduzione, visionata da LaPresse

Sulla sospensione della nutrizione e idratazione artificiale “pur moralmente obbligatoria in linea di principio” si può valutare caso per caso anche in base al “disagio fisico del paziente” che “evoca il criterio della proporzionalità dei trattamenti”. È quanto si legge nel ‘Piccolo lessico del fine vite’, redatto dalla Pontificia Accademia per la Vita (Pav).

Nutrizione e idratazione trattamenti medici

Nel capitolo 13, dedicato a nutrizione e idratazione artificiali, il vademecum ricorda come “le società scientifiche principali definiscono unanimemente le NIA come trattamento medico-sanitario a tutti gli effetti”. “Non si tratta pertanto di semplici procedure assistenziali e il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente che le rifiuti con una consapevole e informata decisione, anche anticipatamente espressa in previsione dell’eventuale perdita della capacità di esprimersi e di scegliere”, prosegue la Pav, che ricorda come la “delicatezza della questione nasce dal fatto che cibo e acqua, da una parte, sono elementi di grande valore simbolico nelle relazioni umane e, dall’altra, astenersi dal somministrarli condurrebbe a morte per fame e sete”.

 “Nelle malattie in cui si protrae uno stato di incoscienza prolungato con possibilità praticamente nulle di recupero – come nel caso dello stato vegetativo permanente (SVP) -, si potrebbe sostenere che, in caso di sospensione delle NIA, la morte non sia causata dalla malattia che prosegue il suo corso, ma piuttosto dall’azione di chi le sospende”, cosa diversa rispetto alla “ventilazione assistita, che è pure un presidio di sostegno vitale, ma la cui sospensione, in condizioni particolari, non solleva obiezioni perché l’insufficienza respiratoria è parte della patologia in atto”. Si tratta però in questo caso di una “concezione riduttiva della malattia”, cioè “intesa come alterazione di una particolare funzione dell’organismo, perdendo di vista la globalità della persona” che porta a una “concezione altrettanto riduttiva della cura”.

Possibile sospensione della Nia se non efficace

Dunque le Nia somministrate ai pazienti sono “moralmente obbligatoria in linea di principio […] nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente”, come chiarito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede in una risposta alla Conferenza episcopale statunitense, sottolineando come ci siano ” motivazioni eticamente legittime per sospenderla o non impiegarla quando”: 1) non più efficace dal punto di vista clinico; 2) non disponibile nel contesto sanitario considerato, 3) comporta per il paziente ‘un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato'”. 

Eutanasia sempre illecita

L’eutanasia è illecita “in quanto si tratta di un atto contrario al bene fondamentale della vita e alla ‘dignità propria e unica della persona’”. È quanto si legge nel ‘Piccolo lessico del Fine vita’ redatto dalla Pontificia Accademia per la vita (Pav). In Italia, precisa ancora il vademecum, il tema, è compreso nella “fattispecie dell’omicidio del consenziente”, motivo per cui “il consenso, a libera autodeterminazione dell’interessato, è il presupposto di ogni confronto sul tema, essendo pressoché unanimemente escluso che possano essere altri, a partire dallo Stato, a giudicare che alcune vite ‘non sono degne di essere vissute’ e possono dunque essere soppresse”. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata