Roma, 18 lug. (LaPresse) – Secondo la Corte Costituzionale, dal punto di vista dell’ordinamento, “ogni vita è portatrice di una inalienabile dignità, indipendentemente dalle condizioni in cui si svolge. La nozione ‘soggettiva’ di dignità evocata dall’ordinanza di rimessione e connessa alla concezione che il paziente ha della propria persona – nozione alla quale pure la Corte ‘non è affatto insensibile’ – finisce poi per coincidere con quella di autodeterminazione. Anche rispetto ad essa resta quindi necessario un bilanciamento, a fronte del contrapposto dovere di tutela della vita umana”. È quanto si legge nella sentenza n. 135 depositata oggi, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal gip di Firenze sull’articolo 580 del codice penale in merito al fine vita. Tuttavia, la Consulta ha precisato che la nozione di trattamenti di sostegno vitale deve essere interpretata dal servizio sanitario nazionale e dai giudici comuni in conformità alla ratio della sentenza n. 242 del 2019.
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