Un anno, un mese e sei giorni di reclusione con pena sospesa. È quanto patteggiato da Guido Furgiuele, il 49enne napoletano alla guida dell’imbarcazione che il 9 giugno 2024, nelle acque di Posillipo a Napoli, ha travolto e ucciso Cristina Frazzica, 31enne originaria di Voghera (Pavia) mentre era a bordo di un kayak biposto insieme a un amico. L’incidente è avvenuto nello specchio di mare nei pressi di Villa Rosebery, residenza napoletana del Presidente della Repubblica. Verso le 17.30 la 31enne e l’amico si sono accorti che una barca stava procedendo verso di loro a velocità sostenuta e si sono lanciati in acqua nel tentativo di evitarla.
Cristina Frazzica è stata travolta dall’imbarcazione e ha riportato gravissime ferite poi risultate fatali, mentre l’amico è rimasto illeso. Lo studio dei filmati estrapolati dalle videocamere presenti nella zona ha permesso di identificare l’imbarcazione dell’imputato, lunga 17,9 metri.
I genitori della vittima: “Crediamo nella giustizia, emersa verità”
“Ci sentiamo ancora totalmente inermi di fronte a quello che è accaduto. La sentenza, seppur bassa e non commisurabile alla vita di Cristina che nessuno potrà mai restituirci, ci permette però di credere un po’ di più in un’idea di giustizia che credevamo persa. Per noi era importante che emergesse la verità e così è stato”. Commentano così i genitori e la sorella di Cristina Frazzica, la sentenza che condanna il 49enne alla guida dell’imbarcazione che, il 9 giugno 2024 nel mare di Napoli, ha travolto e ucciso la figlia 31enne che era a bordo di un kayak. La 31enne, di origini calabresi ma cresciuta a Voghera e laureata in Biotecnologie, “avrebbe potuto scegliere qualsiasi città, anche estera, per lavorare. Eppure, decise di iniziare il percorso di formazione Pharmatech Academy della Federico II, incentrato sulla ricerca e produzione di farmaci a Rna e sulla terapia genica perché Cristina amava Napoli e amava il mare“, raccontano i genitori, difesi nel procedimento da Giesse. “Per lei – aggiungono – era una forma di libertà di cui tutti dovrebbero poterne godere. A questo proposito, ci teniamo ad aggiungere altre due considerazioni: abbiamo ricevuto un affetto straordinario da parte di Napoli, a partire dall’Università, dal sindaco Gaetano Manfredi e dal Coni con cui abbiamo organizzato il funerale hawaiano. Ma questa grande mobilitazione che si è innescata a seguito della tragedia deve portarci a lottare ogni giorno per mantenere alta l’attenzione sulla sicurezza in mare affinché tragedie di questo tipo non accadano più”.
La consulenza: “Velocità tripla rispetto al consentito”
L’imbarcazione che ha ucciso la 31enne “navigava a circa 30 nodi“, cioè il triplo della velocità di 10 nodi consentita alla distanza dalla costa in cui si trovava. È quanto rilevato dalla consulenza tecnica d’ufficio sull’incidente in cui ha perso la vita la 31enne di Voghera. Il processo è terminato con il patteggiamento a un anno e un mese di reclusione, con pena sospesa, per il 49enne Guido Furgiuele che guidava l’imbarcazione, lunga 17,9 metri. “L’imbarcazione – si legge nella ctu dell’ingegner Giuseppe Coccia – si trovava a una distanza dalla costa dove la velocità massima consentita era di 10 nodi, mentre l’imbarcazione navigava a circa 30 nodi”. Inoltre, su una barca che aveva già problemi di visibilità a causa della sua conformazione, il ct ha accertato che quel giorno il Sup era stato posizionato in corrispondenza della battagliola di prua a sinistra nave, quindi in modo errato con un ulteriore peggioramento della visuale. “L’analisi della navigazione effettuata – conclude il ctu – ha mostrato chiaramente un atteggiamento di totale negligenza, violazione del codice della navigazione e sostanziale imprudenza. L’imbarcazione ha raggiunto in pochi secondi il kayak che, a quella velocità, non ha avuto vie di fuga. Il kayak, sfortunatamente si è trovato sulla rotta di un’imbarcazione che navigava al triplo della velocità consentita a circa 300 metri dalla costa“.
Avvocati: “Sensibilizzare su sicurezza in mare’
“È stato un anno intenso in cui abbiamo cercato di stare accanto alla famiglia sia umanamente che professionalmente tramite il nostro legale fiduciario Gianluca Giordano e tutti i periti nominati nel corso del tempo”. Così Giuseppe Vacca e Domenico Mesiano del gruppo Giesse, che ha assistito i familiari di Cristina Frazzica, commentando la sentenza di condanna a un anno e un mese per il 49enne alla guida dell’imbarcazione che ha travolto e ucciso la ragazza il 9 giugno 2024 nel mare di Posillipo, a Napoli. “La Procura – aggiungono – si è mossa fin da subito in modo attento e scrupoloso attraverso numerosi accertamenti che hanno permesso di arrivare alla condanna odierna: l’autopsia, gli accertamenti sulla barca e sul kayak, la perizia sui cellulari dell’indagato, la consulenza anatomopatologica, gli accertamenti di genetica forense e quelli sulla strumentazione di bordo. Per noi, così come per i familiari, era importante che venisse ristabilita la verità, evidenziata anche dal ctu nella sua perizia: il kayak navigava legittimamente nello specchio d’acqua in cui è stato travolto. I ragazzi, cioè, si trovavano in una zona in cui potevano stare legittimamente e che d’estate è tra le più affollate al mondo, specie di domenica. È capitato a Napoli, poteva capitare ovunque. Sicuramente, è necessaria un’ancora maggiore sensibilizzazione sulla sicurezza in mare. È stato fatto tanto in questo ultimo anno e mezzo, ma bisogna fare di più”. Per quanto riguarda il risarcimento Giesse ha trovato un accordo in via stragiudiziale evitando così una causa civile.

