“Non c’è stata una decisione di chi torna prima e chi dopo. Ci hanno sottoposto una serie di documenti su cui ci siamo interrogati se firmare o meno”. Così Saverio Tommasi, giornalista di Fanpage.it imbarcato sulla Global Sumud Flotilla, raccontando a margine del festival della testata a Roma la situazione in merito ai rientri degli italiani fermati in Israele. “Nessuno di noi ha deciso di firmare il primo documento sottoposto – spiega il cronista – che è quello che prevedeva un’ammissione di colpa. Noi non abbiamo commesso nessuna colpa, eravamo un movimento umanitario”. Durante la detenzione, racconta ancora Tommasi, non abbiamo avuto la “possibilità di parlare con un avvocato che avevamo scelto, incontrando un giudice, senza la presenza di nessun avvocato, neanche da noi non scelto”.
Il secondo documento, invece, ci chiedeva “se eravamo consapevoli che secondo Israele quello che facevamo era illegale e perciò chiedevamo il rimpatrio fra le 72 ore”, anche se “le 72 ore rappresentavano un tempo aleatorio”. Infine c’era un terzo documento che “richiede di rimanere lì più a lungo, per una scelta di lotta politica e sociale”. Tommasi afferma, quindi, che “io, come molti altri, abbiamo firmato, senza ammissione di colpa, per essere rimpatriati il prima possibile”, specificando però che “tra i 15 italiani in questo momento detenuti nel carcere israeliano, non ci sono soltanto persone che hanno deciso per scelta politica di rimanere più a lungo, ma ci sono persone che sarebbero volute tornare il prima possibile a casa esattamente come noi”. Infine, Tommasi risponde anche sulla questione relativa al rientro in Italia tramite aereo di linea: “Si è trattato di un aereo della Turkish Airlines che da Israele è volato fino a Istanbul e da lì noi abbiamo preso un altro aereo che ci ha riportato fino in Italia. Se era della Farnesina? Era un aereo di linea e non so chi abbia pagato i biglietti”, conclude.
