La parabola di Park Tower di Bluestone che ha dato il via alla slavina giudiziaria di fascicoli sui cantieri della città

Una girandola di pratiche edilizie presentate in tre anni, almeno sei fra 2018 e 2021, attraverso cui trasformare quelle che sulla carta dovevano diventare tre palazzine, altezza massima 20 metri e destinate ai ceti meno abbienti, in torri alte quattro volte tanto dove i quadrilocali si rogitano a oltre mezzo milione di euro. È la parabola della Park Tower di Bluestone in via Crescenzago 105 a Milano, l’inchiesta della Procura per abusi edilizi che nel 2023 ha dato il via alla slavina giudiziaria di fascicoli sui cantieri della città (circa 20) mentre in Senato è ferma la legge ‘Salva Milano‘ che punta a sterilizzare le indagini e sbloccare l’impasse urbanistica in cui è finito il Comune.

Il 13 marzo l’udienza preliminare

Dalle carte dei pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici (il 13 marzo si torna in udienza preliminare) e quelle della Procura regionale presso la Corte dei Conti, che contesta un danno erariale da oltre 321mila euro a tre funzionari dello Sportello unico edilizia, emerge come le torri da 81 e 59 metri per 113 appartamenti inizialmente dovessero diventare housing sociale di 7 piani. L’11 maggio 2018 l’allora proprietaria dell’area industriale abbandonata, la società Visatransit srl (poi in liquidazione), presenta istanza per un “cambio di destinazione d’uso” con “parziale demolizione” dell’esistente e “nuova edificazione di tre palazzine Ers”. Acronimo che significa edilizia residenziale sociale per offrire soluzioni abitative per i ceti meno abbienti o in difficoltà. Persone troppo povere per il mercato delle case, in particolare a Milano, ma non abbastanza da accedere agli alloggi popolari del Comune o della Regione Lombardia.

Cosa prevede il progetto della Park Tower

Il progetto prevede una palazzina di 7 piani e due di 4 piani con altezze tra i 12 e i 21 metri. Nel progetto subentra Bluestone e, a stretto giro, vengono presentate 5 istanze differenti, di cui 3 con Scia (una delle contestazioni della Procura) che portano a realizzare tre edifici fino a 23 piani grazie a bonus volumetrici e diritti edificatori acquistati. Ad avvisare Palazzo Marino delle “perplessità” il 25 giugno 2020 è il consiglio del Municipio 3 che parla di un progetto “totalmente fuori contesto” rispetto al “Parco Lambro” per “impatto volumetrico e paesaggistico”. Il ‘parlamentino’ del quartiere milanese si era espresso “favorevolmente” all’ipotesi di housing sociale (“tuttavia non è stato realizzato”) e, quando lo vede “radicalmente cambiato”, chiede di rivalutare “l’aspetto paesaggistico” e “le volumetrie” e di dotarsi di “studi urbanistici” relativi ai “nuovi impatti” delle torri. Una delle accuse, formalizzata 3 anni più tardi dai pm, con l’ipotesi di lottizzazione abusiva. Prosegue nel frattempo l’inchiesta della Procura che è passata dall’analisi delle singole pratiche edilizie al cosiddetto “sistema” attorno alla Commissione per il paesaggio. Qui architetti e ingegneri sono chiamati dal Comune a esprimersi a titolo gratuito sui progetti di amici, colleghi, collaboratori di studio, a volte parenti. Oppure a ricevere incarichi da costruttori e fondi immobiliari prima, durante e dopo il mandato in commissione, senza segnalare l’anomalia o astenendosi dal voto. Per la guardia di finanza si tratta de “l’habitat ideale” per il “procacciamento di nuovi e lucrosi lavori” e luogo di “connivenza con il potere economico legato al settore immobiliare”. In particolare, grazie al mandato accresciuto della commissione, passata negli anni da “pareri consultivi” a quelli di fatto “vincolanti”. 

Le carte dell’inchiesta

Nell’informativa agli atti, dedicata ai conflitti d’interesse, ci sono paragrafi su Giovanni Oggioni, uno degli ex massimi dirigenti dell’urbanistica milanese, indagato e imputato in vari fascicoli, e agli architetti Alessandro Trivelli, Alessandro Scandurra, Giovanna Longhi, Luca Mangoni e l’ex presidente Giuseppe Marinoni, citato con riferimento al progetto ‘I Portali‘ di via Melchiorre Gioia 20, ultimo tassello del maxi piano di rigenerazione urbana del quartiere Porta Nuova della società leader nella gestione patrimoniale di fondi d’investimento immobiliari, la Coima sgr dell’imprenditore Manfredi Catella. Coima precisa di non aver conferito “alcun incarico” a Marinoni “né in appalto né in subappalto”. Il professionista 63enne avrebbe intrattenuto, attraverso il proprio studio, rapporti commerciali con i progettisti dello studio Acpv Architects, ma non con il committente. L’8 febbraio 2022 ha emesso una fattura da 2.415 euro nei confronti degli incaricati della progettazione di Gioia 20. Circa un mese dopo, 31 marzo 2022, l’intervento è stato oggetto di valutazione della commissione paesaggio con un parere sospensivo, seguito due settimane più tardi (14 aprile 2022) da un parere favorevole al progetto. Marinoni avrebbe partecipato a entrambe le sedute senza astenersi dal voto o informare del potenziale conflitto di interessi. Lo stesso avrebbe fatto in occasione delle valutazioni sul progetto di via Tortona 25, commissionato dalla multinazionale americana Hines sempre allo studio ACPV Architects.

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