La mamma di Giuseppe Demasi, madre di una delle vittime del rogo del 2007, parla a LaPresse nell'anniversario della strage

Sedici anni dalla strage della Thyssenkrupp a Torino del 6 dicembre 2007, nella quale hanno perso la vita 7 operai. “Noi siamo arrabbiatissime per come è andata a noi, noi giustizia non ne abbiamo avuta. Questa non è giustizia. Quando ti danno una condanna devi andare in galera e scontare la pena. Qui non è stato così. Questa è giustizia secondo voi? Vale per i tedeschi e per gli italiani. In galera vuol dire andare con tutti gli altri detenuti in prigione. Noi giustizia non ne abbiamo avuta non dicano è finita perché non è vero niente” dice a LaPresse Rosina Platì, mamma di Giuseppe Demasi, una delle vittime. Il processo per la strage è durato anni, diviso tra Italia e Germania (per i manager tedeschi). “Perché succedono altre tragedie sul lavoro? Che non sono incidenti – dice ancora Platì – Perché la gente non investe in sicurezza, tanto ricchi e potenti non pagano. Se non si comincia a far pagare per ciò che accade, la gente continuerà a morire. E’ normale in un Paese che muoiano 3 persone al giorno sul lavoro? Noi abbiamo perso i nostri figli e nessuno ha pagato. E’ intollerabile”.

Speravamo che con la Thyssen finissero le tragedie. Abbiamo lottato perché fosse così ma non è successo” dice ancora la donna. A proposito della strage di Brandizzo del 30 agosto, nella quale hanno perso la vita 5 operai, dice: “Io spero e mi auguro che loro abbiano giustizia. Si deve trovare chi ha sbagliato e qualcuno deve pagare ma io ho perso fiducia, io non ci credo che succederà – dice ancora – Mi spiace per loro ma non credo cambierà qualcosa, io non ho fiducia né nella politica né nella giustizia. Se la politica non inizia a fare delle leggi dove chi sbaglia deve pagare, non ci sarà mai giustizia. E allora devono togliere dai tribunali il cartello ‘La giustizia è uguale per tutti’. Non è vero. La giustizia non è uguale per tutti, non ce n’è per nessuno. Se non ce l’abbiamo fatta noi, non ce la farà nessuno”.

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