A due anni dalla strage nella quale hanno perso la vita 14 persone, Alfredo Macrì Del Giudice racconta a LaPresse: "Quella domenica, quando ho sentito le ambulanze, sono rimasto col cuore in sospeso"

Funi “arrugginite”, uso dei ‘forchettoni’, biglietti “in contabilità separata”. Una funivia del Mottarone che è “un rottame impresentabile“. C’è tutto questo nell’esposto inviato nel 2015 alla procura di Torino da parte di Alfredo Macrì Del Giudice, ex comandante della polizia municipale e consigliere comunale di Stresa. Quasi otto anni prima della strage del 23 maggio 2021. La procura di Torino nel 2019 aprì un fascicolo, per turbativa d’asta (353 cp), ma quest’anno lo ha archiviato. Macrì Del Giudice non è mai stato sentito, e ora si dispera.

A due anni dalla strage nella quale hanno perso la vita 14 persone, racconta a LaPresse: “Quella domenica, quando ho sentito le ambulanze, sono rimasto col cuore in sospeso, il mio pensiero è andato subito a quello che avevo scritto anni prima, sulla fune e i forchettoni”. “E’ una ferita aperta, quando ho sentito le ambulanze ho pensato subito, cavolo… E a quel punto mi sono interessato dell’esposto e mi hanno detto che era in fase di indagini preliminari”, dice. La procura di Torino infatti, il 3 giugno 2021, rispondeva a Macrì che c’era un fascicolo aperto contro ignoti (modello 44) per turbativa d’asta. Fascicolo che però oggi risulta archiviato, chiuso proprio nel 2023.

Nell’esposto in merito alla “gara d’appalto per la revisione generale dell’impianto (la funivia del Mottarone, ndr) e la gestione dello stesso” presentato da Alfredo Macrì Del Giudice nel 2015 alla procura di Torino, veniva segnalato che “da quando l’impianto è fermo”, cioè circa un anno (è stato fermo tra il 2014 e il 2016) “sarebbe stata omessa la sorveglianza dello stesso e le funi sarebbero arrugginite”. Nell’esposto si parla di uno stato di “incuria”, e del fatto che il concessionario avrebbe “tralasciato ogni forma di manutenzione dell’impianto”. Si dice poi che i ‘forchettoni’ erano in uso: “Il freno di emergenza della cabina sarebbe stato mantenuto non funzionante, bloccato”. E si dice che basta acquisire “i libri giornale” della funivia e sentire le testimonianze di due dipendenti, per capire cosa era accaduto. Parole che, a leggerle a distanza di due anni dalla strage, mettono i brividi: le due cause della caduta della cabina n. 3, quel 23 maggio 2021 alle 12 passate, identificate dalla procura di Verbania, sono proprio la rottura della fune traente e l’uso dei ‘forchettoni’ che inibivano il freno d’emergenza.

La procura di Torino non ha mai contattato Macrì Del Giudice e non risulta che fu fatta una verifica sullo stato dell’impianto. Oltre all’uso dei forchettoni e alle funi “arrugginite”, vengono segnalati nell’esposto “migliaia di biglietti all’anno” che sarebbero stati emessi “in contabilità separata” e che se dichiarati avrebbero fruttato circa 24mila euro all’anno. Chi scrive l’esposto si spinge a intravedere qualcosa di poco chiaro nella vittoria del bando di gara vinto da Ferrovie del Mottarone (quindi, Luigi Nerini: sia lui che la società risultano aver ricevuto come indagati l’avviso di chiusura indagini da parte della procura di Verbania, guidata dalla procuratrice Olimpia Bossi, per la strage). Si parla di una prima gara andata a vuoto, poi di una modifica al bando che fece scomparire la clausola di salvaguardia dei lavoratori e poi ancora di un milione di euro ‘aggiunto’ come disponibilità da parte del Comune di Stresa. Un milione di euro che, si difende parlando a LaPresse l’allora vicesindaco poi diventato sindaco Giuseppe Bottini, “serviva a coprire spese già sostenute” da Ferrovie del Mottarone all’interno di un bando “che comunque fu gestito dalla Regione, anzi da Scr Piemonte”.

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