Le parole di Antonella Sereni che perse il padre nell'aprile 2020: "Consapevoli che sia solo un primo passo"
All’indomani della chiusura delle indagini sulla mancata zona rossa nella Bergamasca nel febbraio 2020, arrivano i primi commenti dei parenti delle vittime. “Oggi mi sento felice e grata, sono sentimenti che ripagano i dolori e le sofferenze degli ultimi tre anni”, ha dichiarato a LaPresse Antonella Sereni, che ha perso il papà per Covid ad Alzano, in provincia di Bergamo. “Siamo consapevoli che è solo un primo passo, ma è un passo importante e inaspettato. Ci abbiamo sempre creduto, noi vogliamo la verità e la giustizia. Cerchiamo delle assunzioni di responsabilità, se ci sono state. Ringrazio la Procura per l’immenso lavoro che è stato fatto. Ci speravamo tanto ma è veramente bellissimo”, ha aggiunto la donna.
Parente vittima: “Bara papà vista solo via WhatsApp”
Sereni, il cui padre è morto il 6 aprile del 2020, racconta di non aver avuto la possibilità di fare un funerale al genitore. “Solo la visione della bara via WhatsApp dopo giorni di dolore, solitudine, impotenza davanti al dramma del Covid”, ha spiegato la donna il cui racconto è straziante: “Era la prima ondata di Covid e papà si è ammalato il 12 marzo. È stato una settimana a casa, dimenticato da tutti, senza nessuna assistenza. Sono dovuta andare io di corsa a casa con un saturimetro di fortuna. Poi è stato ricoverato ed è rimasto in ospedale circa tre settimane, durante le quali non abbiamo saputo nulla. Ci arrivava solo una telefonata all’ora di pranzo per raccontarci il bollettino del giorno. È morto il 6 aprile, ho ricevuto una telefonata fredda di notte. Mi hanno dato le condoglianze e non abbiamo mai potuto fare neanche il funerale”.
Al dolore della perdita si è aggiunto lo strazio del funerale mancato, quelle bare portate via dall’esercito: nessun ultimo saluto, nessuna condivisione, solo solitudine. “Abbiamo visto la sua bara via mail e via WhatsApp e poi abbiamo ricevuto le sue ceneri dopo tre settimane perché era stato cremato a Cuneo”.
“Dopo tutto questo è nata la convinzione che qualcosa non fosse andato per il verso giusto. Era impossibile che due settimane prima ci rassicurassero che era solo un’influenza mentre poi abbiamo visto e vissuto scene apocalittiche. I nostri giorni erano scanditi solo dalle sirene e da queste telefonate che ci arrivavano come un pugno allo stomaco”, conclude.
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