La nuova versione dei legali, che chiedono la scarcerazione per il killer che ha ucciso la 34enne a Roma davanti a un ristorante

La difesa di Costantino Bonaiuti ne chiede la scarcerazione: l’omicidio di Martina Scialdone non è stato premeditato, scrive l’avvocato Fabio Taglialatela, nel ricorso presentato al Tribunale del Riesame di Roma. Si è trattato di “un tentativo di suicidio con conseguente colpo sparato per errore all’indirizzo della povera vittima” e l’arma “disgraziatamente” aveva la sicura disattivata.

La ricostruzione della difesa è completamente diversa dalla realtà dei fatti descritta dai testimoni, a cominciare da quanto detto dal fratello di Martina Scialdone, Lorenzo, presente al momento del delitto, come riportato negli atti dell’inchiesta.

L’omicidio della giovane viene ricondotto dall’avvocato di Bonaiuti a “una casualità assoluta”. Si ipotizza anche che il tentativo di suicidio fosse una montatura: “l’unico intento del Bonaiuti – si legge nel ricorso – nel disperato tentativo di recuperare un rapporto verosimilmente perduto, era quello di inscenare una macabra commedia, avente un canovaccio ben preciso: fingere un tentativo di suicidio per impietosire la persona amata e ricondurla a sé”. Secondo le testimonanze raccolte, Bonaiuti dopo aver sparato a Martina Scialdone si è allontanato senza prestare soccorso alla giovane. Ma “non è affatto fuggito – scrive il difensore – bensì si è diretto a casa perché terrorizzato da quanto accaduto”. Il 61enne è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi futili e abietti rappresentati dalla gelosia e dall’aver agito contro una persona a lui legata da relazione affettiva. Secondo la gip Simona Calegari, che ha convalidato l’arresto dell’uomo e disposto la custodia cautelare in carcere, il “panorama indiziario è talmente consistente e solido da considerarsi, già allo stato, pressocché inconfutabile”. E “l’unico obiettivo” di Bonaiuti “era uccidere la Scialdone”.

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