I rottami della cabina in un deposito a disposizione dei periti dopo un viaggio difficoltoso. La pm Bossi: "Momento significativo per le indagini"
Ancora un intoppo per le indagini sulla strage della Funivia Mottarone del 23 maggio, nonostante oggi sia stato compiuto un passo importante. I resti della cabina numero 3, precipitata provocando la morte di 14 persone, sono stati spostati dalla vetta del Mottarone con l’aiuto di due elicotteri dei vigili del fuoco, un Erickson S64 arrivato da Cuneo e un AW139 arrivato da Malpensa. Poi, alcune parti sono state immediatamente trasportate al deposito del vicino tecnoparco di Fondotoce. Le parti più ingombranti, però, che comprendono la testa fusa, sono state portate a Gignese e posizionate su un camion: qui l’ostacolo più grande, con il mezzo di trasporto troppo ingombrante che non passava per il percorso previsto in autostrada per via dell’altezza delle gallerie. Nonostante il primo elicottero sia arrivato dal Mottarone intorno alle 10.30 del mattino, alle 18 il camion era ancora lontano dalla meta: è stato necessario coricare su un fianco i resti per poter attraversare il tratto di autostrada necessario all’arrivo al tecnoparco. Il relitto è arrivato dopo le 19 nel deposito, dunque l’analisi visiva dei periti è stata spostata domani alle 9.30.
La giornata è comunque cruciale. Un momento “significativo per le indagini”, come ha detto la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi, assistendo dalla vetta del Mottarone alle operazioni. “Un momento anche doloroso”, ha aggiunto, per tutti coloro che non potranno mai dimenticare quel 23 maggio. Un dolore che si legge anche negli occhi della sindaca di Stresa Marcella Severino: “Oggi si chiude un cerchio, finalmente il Mottarone può guardare al futuro – spiega ai giornalisti – poi la magistratura farà il suo corso”. E ancora: “Dopo la strage venivo qui quasi ogni giorno a cercare pace” spiega, parlando della cima del Mottarone. Il progetto di ricostruzione dell’impianto a fune costerà circa 25 milioni: “Il presidente della Regione Piemonte ci ha dato la sua parola, speriamo che si possa procedere rapidamente, anche se si parla ovviamente di 3-4 anni”. L’idea di un impianto in parte a cremagliera è stata scartata: costerebbe oltre 70 milioni di euro.
Con lo spostamento dei resti della cabina si arriva intanto a un momento cruciale dell’incidente probatorio, che dovrebbe chiudersi il 16 dicembre ma ancora non si sa se la data sarà rispettata. Entro il 3 novembre andavano consegnate le considerazioni dei periti ma questo non è stato possibile. “E’ stato fatto tutto in tempi rapidi considerata la difficoltà dell’inchiesta e anche la difficoltà della zona dove si trovava il relitto” spiega ancora Bossi, parlando delle operazioni di rimozione. Le parti hanno però spesso lasciato intendere che l’attesa è stata troppo lunga. L’analisi della fune avverrà a Trento mentre quella dei singoli fili a Bologna. “Stiamo arrivando ai momenti cruciali ma molto lentamente” dice Marcello Perillo, avvocato di Gabriele Tadini, uno degli indagati. “Finalmente per la prima volta ci sarà un’analisi visiva della testa fusa da parte dei consulenti” spiega Andrea Da Prato, legale di Enrico Perocchio, anche lui indagato.
Da Prato questa mattina era a Torino insieme agli avvocati di Luigi Nerini per consegnare il ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del Riesame, che ha disposto per i due i domiciliari. Nerini e Perocchio erano stati liberati pochi giorni dopo la strage dall’allora gip Donatella Banci Buonamici. Secondo quanto si legge nel provvedimento dei giudici del Riesame, Perocchio “si è mostrato così incapace di percepire qualunque disvalore nelle condotte contestate”. Per quanto riguarda Nerini si evidenzia invece che “una misura meno afflittiva” dei domiciliari potrebbe portare il gestore della funivia a “continuare a curare i propri interessi imprenditoriali” e a farlo con “la medesima spregiudicatezza e superficialità nelle questioni relative alla sicurezza a vantaggio dei profitti”. Dei 12 indagati (più due società) al momento solo Gabriele Tadini si trova ai domiciliari, poiché è l’unico ad aver ammesso di aver lasciato i forchettoni inseriti, inibendo il freno di emergenza.
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