La difesa dei due imputati ha sempre contestato la ricostruzione, attribuendo la caduta della 20enne a un suicidio o a un incidente
Non fu suicidio, ma un tentativo di sfuggire ad uno stupro. La quarta sezione della Corte di Cassazione ha confermato questa sera le condanne a 3 anni di reclusione per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, per tentata violenza di gruppo, in merito al processo sulla morte di Martina Rossi, la giovane genovese che nell’estate 2011, precipitò dalla camera di un albergo a Palma di Maiorca, alle Baleari in Spagna. Il sostituto procuratore generale della Cassazione, Elisabetta Ceniccola, nella sua requisitoria, aveva chiesto la conferma delle condanne. “La compresenza di Vanneschi – ha detto in aula il Pg – ha determinato il rafforzamento del proposito criminale di Albertoni e ha influito negativamente sulla possibilità di difesa di Martina, che si è sentita in soggezione e impossibilitata a difendersi. Fatto che ha impedito alla ragazza di uscire dalla stanza usando la via più facile, la porta. Per questo Martina ha cercato di fuggire, mettendo a rischio la sua vita, scavalcando la balaustra del terrazzo, ma non si è gettata con intento suicida. Quando è morta non aveva i pantaloncini, che non sono stati ritrovati, come anche le ciabatte”. Luca Albertoni e Alessandro Vanneschi, dopo oltre sette ore udienza e due di camera di consiglio, sono stati quindi ritenuti responsabili di aver tentato lo stupro della ventenne di Genova che all’alba del 3 agosto 2011, di ritorno da una serata in discoteca, perse la vita cadendo dal sesto piano dell’hotel ‘Santa Ana’ a Palma di Maiorca, dove si trovava in vacanza con delle amiche. Secondo la ricostruzione la notte tra il 2 e il 3 agosto Martina salì in camera dei due giovani, perché nella sua le amiche erano in compagnia degli altri due ragazzi della comitiva di aretini, e avevano formato due coppie. All’alba Martina precipitò dal balcone della stanza 609, quella dei due giovani, per sfuggire a un tentativo di stupro.
Dopo le prime indagini in Spagna, dove il caso fu archiviato come suicidio, i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo, oggi in aula, hanno lottato a lungo per far riaprire il caso. In primo grado ad Arezzo il 14 dicembre 2018 i due imputati vennero condannati a 6 anni di reclusione per tentato stupro e morte in conseguenza di altro reato (poi estinto per intervenuta prescrizione). Il 9 giugno 2020 la Corte d’appello di Firenze aveva assolto Albertoni e Vanneschi “perché il fatto non sussiste”. La Suprema Corte di Cassazione lo scorso 21 gennaio ha annullato la sentenza di assoluzione disponendo un nuovo processo per i due imputati come aveva sollecitato, nel corso della requisitoria, il sostituto procuratore generale Domenico Seccia e accogliendo i ricorsi presentati dalla procura generale di Firenze e dalla parte civile. Processo d’appello bis celebrato in fretta per sfidare i tempi della prescrizione definitiva.
La difesa dei due imputati ha sempre contestato la ricostruzione, attribuendo la caduta della 20enne a un suicidio o a un incidente. Oggi la Cassazione ha però confermato le condanne per entrambi.
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