C'era chi sapeva dei 'forchettoni', chi non sapeva niente e chi non si è fatto domande. Sono diversi i dipendenti di Ferrovie del Mottarone Srl che sono stati sentiti dai carabinieri e dalla procura di Verbania

C’era chi sapeva dei ‘forchettoni‘, chi non sapeva niente e chi non si è fatto domande. Sono diversi i dipendenti di Ferrovie del Mottarone Srl che sono stati sentiti dai carabinieri e dalla procura di Verbania nell’ambito dell’inchiesta relativa alla strage della funivia del 23 maggio, costata la vita a 14 persone. Nelle loro parole c’è il racconto di quanto accaduto quel giorno: intorno alle 12.30, spiega uno di loro, Emanuele Rossi, già il 25 maggio, “la cabina numero 4 stava rientrando regolarmente con 5 persone a bordo” quando “all’improvviso si è fermata” a circa “20 metri dal fine corsa”. “Ho visto immediatamente la zavorra della vettura numero 3 scendere di colpo”, spiega ancora. Rossi è il dipendente che poi sceglie di far tornare a valle tutte le persone presenti alla stazione intermedia dell’Alpino: è lui a raccontare agli inquirenti che la gestione della funivia si effettua interamente da quella stazione. “Decidevo di riunire le persone presenti e farle scendere a valle” con “due corse” distinte.

Tutti dicono che l’ordine di lasciare inseriti i ‘forchettoni’, o ceppi, nei freni di emergenza, era stato dato da Gabriele Tadini, l’unico dei tre indagati che si trova ai domiciliari e che ha confessato. Tadini aveva “ordinato di far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza” dicono i dipendenti. “So per certo – dice una lavoratrice agli inquirenti – che Tadini ordinava l’applicazione e il regolare funzionamento dell’impianto anche con i ceppi installati”. Secondo un altro dipendente, “lo sapevamo tutti che non era normale” lasciare i ‘forchettoni’: “ma io sono uno stagionale e temevo di perdere il posto”. E’ invece Fabrizio Coppi, altro dipendente, a riportare le parole ormai divenute tristemente note che gli avrebbe detto Tadini: “Prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole”. Parte dell’interesse della procura è poi sui giri di prova che si effettuano prima del servizio: più di un dipendente ha dichiarato che la mattina del 23 sulla corsa di prova c’erano anche dei turisti, anche se non sarebbe dovuto accadere.

Tra i primi ad accorgersi dell’incidente c’è proprio Luigi Nerini, gestore della funivia, indagato a piede libero. Una dipendente che lavora alla biglietteria spiega: “Poco dopo le 12” Tadini la avverte “di fermare tutto, cioè di non fare entrare più gente” “perché era successo un qualcosa”. Poi Nerini, presente alla biglietteria di Carciano, esce dall’ufficio e inizia a salire in vetta. C’è anche il figlio del gestore, poco più che ventenne, anche lui in apprendistato alla funivia: racconta di essere stato chiamato dal padre e di non essersi “proprio avvicinato, così come suggeritomi” ma di aver aiutato i soccorritori. Sui ceppi però lui nega: “Non so indicare a cosa servono”, dice, e incolpa di nuovo Tadini per aver ordinato di inserirli. Tra i primi a dare l’allarme ci fu Massimo Enrico Ogadri, che chiamò la stazione dell’Alpino dicendo ‘la fune portante è fuori dalla scarpa d’ingresso, non c’è la traente e non vedo neanche la cabina’. È lui ad arrivare per primo sul posto: “Ho trovato il primo cadavere – dice agli inquirenti – poi ho trovato un superstite con cui ho parlato per qualche attimo prima che morisse davanti a me”. I dipendenti hanno anche parlato di un problema all’impianto del 22 maggio: tutti ricordano un intervento intorno alle 17 ma non è chiaro cosa sia stato fatto. Solo uno dei collaboratori evidenzia che l’anomalia di quel giorno era relativa al “rullo del traliccio numero 3”. E poi ci sono i testimoni, gli escursionisti presenti quel giorno, che raccontano di essere stati quasi sfiorati dalla cabina: “Ho avuto paura” dice una donna, “la cabina era quasi sulla mia testa”. “Sono riuscito a vedere che un cavo d’acciaio si era staccato, perché stava cadendo a terra”, racconta un altro, che ha avvisato tra i primi il 118.

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