Nella giornata di mercoledì sit-in mamme a Roma e Taranto

Il giorno segnato in rosso sul calendario dei tarantini è domani: il 13 maggio è prevista la sentenza del Consiglio di Stato sul futuro dell’area a caldo dello stabilimento ex Ilva di Taranto. I giudici amministrativi di secondo grado si pronunceranno nel merito del ricorso di ArcelorMittal contro la sentenza con cui il Tar di Lecce, lo scorso 13 febbraio, ha assegnato il “termine di 60 giorni per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo”, così come era stato stabilito nell’ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, del 27 febbraio 2020.Per il Tar di Lecce “deve ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione”. Gli effetti di questa sentenza sono stati sospesi dal Consiglio il 12 marzo scorso, accogliendo la richiesta di ArcelorMittal, ritenendo “prevalente l’esigenza di evitare il grave e irreparabile danno che sarebbe derivato dalla sospensione dell’attività, cui si sarebbe dovuto procedere entro la scadenza dei termini stabiliti dall’ordinanza stessa”.Per il Consiglio di Stato, inoltre, “non è stato adeguatamente smentito che lo spegnimento della cosiddetta area a caldo in tempi così brevi e senza seguire le necessarie procedure di fermata in sicurezza, avrebbe comportato con certezza gravissimi danni all’impianto, tali da determinare di fatto a cessazione definitiva dell’attività”.Oggi e domani a Roma e a Taranto il gruppo ‘Mamme e donne contro l’inquinamento a Taranto’ ha manifestato assieme al Comitato per la Salute e l’Ambiente di Taranto per chiedere la chiusura dello stabilimento. Nella capitale, in piazza San Silvestro, sono state mostrate croci di legno di colore bianco, con i nomi e le foto dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze morti a Taranto negli ultimi anni a causa di tumori. A Taranto il sit-in si è svolto davanti alla Prefettura.Il 14 maggio è previsto l’incontro al Mise tra il ministro Giancarlo Giorgetti e i rappresentanti sindacali per affrontare il futuro dello stabilimento, dopo che Invitalia lo scorso 14 aprile ha sottoscritto l’aumento di capitale sociale per 400 milioni di euro di AM InvestCO Italiy, la controllata di ArcelorMittal che a sua volta ha firmato il contratto di affitto e acquisto di rami d’azienda dell’acciaieria di Taranto.Stando all’accordo, dovrebbe esserci un secondo investimento nel capitale da parte di Invitalia, fino a 680 milioni di euro entro maggio 2022, allo scopo di riconvertire in chiave green lo stabilimento.I sindacati Fiom e Uilm hanno confermato lo sciopero in occasione dell’incontro al Mise e continuano a chiedere il confronto sia sul futuro ambientale e occupazionale del sito, che sull’attuale gestione della fabbrica.Sul fronte giudiziario, è arrivato infine alle battute finali il processo Ambiente svenduto sulla vecchia gestione dello stabilimento, scaturito dall’inchiesta che il 25 luglio 2012 sfociò nel blitz e nel sequestro preventivo. La procura di Taranto, lo scorso 17 febbraio, ha chiesto la condanna a 28 anni per Fabio Riva, ex proprietario, e per alcuni ex dirigenti dello stabilimento, e 25 anni per il fratello Nicola Riva, accusati di essere stati a capo del sodalizio che avrebbe permesso la gestione dell’Ilva nonostante le emissioni, attraverso una serie di contatti con esponenti politici locali, allo scopo di ottenere maglie più larghe se non del tutto assenti nei controlli.Richieste di condanna anche per ex politici, dall’allora governatore della Regione Puglia all’ex presidente della Provincia. La sentenza dei giudici della Corte d’Assise di Taranto è attesa per la fine del mese.

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