Dal 10 marzo 1971 la maternità diventa una scelta. Il ricordo dell'Aied, che contribuì all'abrogazione dell'art. 553 del Codice Penale

Cinquant’anni fa l’Italia legalizzava la pillola contraccettiva. Era il 10 marzo 1971 quando la maternità diventò definitivamente una scelta: per chi non la voleva, c’era un’alternativa. Anche se ci sono ancora tanti passi in avanti da fare, quella data segna un cambiamento storico nel nostro Paese. Sono gli anni dei referendum come quello sull’aborto (la legge 194 è del 1978) e il divorzio (il referendum è del 1971).

Ma secondo molti la libertà in termini di maternità e aborto è ancora lontana. In Italia, ad esempio, manca ancora un’educazione sessuale a scuola inserita nei programmi scolastici, tema che invece è affrontato proprio tra i banchi di scuola in diversi Paesi europei, come la Svezia o la Germania. Nel nostro Paese è invece demandata a eventuali laboratori e simili. Sono inoltre tante le regioni italiane che contano un elevato tasso di obiettori di coscienza, che rendono in alcuni casi impossibile l’aborto.

Per l’occasione l’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica ha scritto: “Il 10 marzo 1971, grazie ad un’azione politica con esplicita valenza di disobbedienza civile, AIED ha ottenuto, l’abrogazione da parte della Corte Costituzionale dell’art. 553 del Codice Penale che vietava la contraccezione in Italia – si legge sul sito -. È così che in quegli anni è riconosciuta anche nel nostro Paese e può essere finalmente commercializzata come mezzo contraccettivo la pillola anticoncezionale, che rende le donne per la prima volta nella storia dell’umanità padrone del proprio corpo e della propria sessualità, indipendenti dalla volontà dei loro compagni, fidanzati, mariti. Il paese sta cambiando. I mutamenti più significativi avvengono, sia pure in modo disomogeneo, nei comportamenti della popolazione femminile. Sono le madri, le nonne, le parenti anziane, all’apparenza immutabili custodi della tradizione, che invitano la generazione che diventa adulta negli anni Cinquanta e Sessanta a non ripercorrere la loro stessa strada, a mettere in discussione ruoli e comportamenti tradizionali, a ricercare l’autonomia economica e a non fare troppi figli”.

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