Il cardinale Bassetti: "Le Camere non abdichino alla propria funzione dopo l'invito della Consulta". I vescovi chiedono di non smantellare la norma sul reato di aiuto al suicidio
La Cei fa pressing sulla politica sul suicidio assistito Se entro il 24 settembre il Parlamento non avrà condiviso un testo unico sul suicidio assistito, la Consulta stessa potrebbe intervenire con una sua sentenza: "Se così avverrà, il Parlamento avrà abdicato alla sua funzione legislativa e rinunciato a dibattere su una questione di assoluto rilievo", dice il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, intervenendo al convegno sul tema 'Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?'.
"La questione è stata sollevata il 14 febbraio dello scorso anno dalla Corte d'Assise di Milano, a proposito della sospetta illegittimità costituzionale dell'articolo 580 del Codice Penale, che punisce chi aiuta o istiga una persona al suicidio – ricorda Bassetti -. Il contesto è quello del processo a Marco Cappato per aver assistito e confermato Fabio Antoniani nelle sue intenzioni suicidarie. La Consulta ha, quindi, deciso di rinviare la trattazione della questione all'udienza del prossimo 24 settembre, invitando nel frattempo il Parlamento a colmare il vuoto giuridico riguardante le situazioni relative al fine vita".
"Incaricato dalla Corte costituzionale di legiferare attorno alle questioni dell'eutanasia e della morte volontaria, il Parlamento si è limitato a presentare alcune proposte di legge, senza pervenire né a un testo condiviso, né ad affrontare in modo serio il dibattito – sottolinea Bassetti -. Ora, per evitare che una sentenza della Consulta provochi lo smantellamento del reato di aiuto al suicidio, il Parlamento – come ha auspicato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte – dovrebbe in breve tempo poter discutere e modificare l'art. 580 o, comunque, avviare un iter di discussione della legge che potrebbe indurre la Corte stessa a concedere un tempo supplementare", è l'esortazione del numero uno dei vescovi.
Poi arriva la puntualizzazione netta del presidente della Cei: "Ecco allora la base sulla quale va negato che esista un diritto a darsi la morte: vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente. Mi rendo conto che questo pensiero ad alcuni sembrerà incomprensibile o addirittura violento – sottolinea Bassetti –. Eppure, porta molta consolazione il riconoscere che la vita, più che un nostro possesso, è un dono che abbiamo ricevuto e dobbiamo condividere, senza buttarlo, perché restiamo debitori agli altri dell'amore che dobbiamo loro e di cui hanno bisogno", afferma il cardinale.
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