Perquisizioni del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Roma nell'abitazione del pm di Roma Luca Palamara, indagato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta della procura di Perugia. Stando a quanto precisato nel decreto delle perquisizioni, l'ex presidente dell'Anm avrebbe ricevuto nel 2016 40mila euro per facilitare la nomina, mai andata in porto, a procuratore capo di Gela di Giancarlo Longo. Palamara "quale componente del Csm riceveva da Calafiore e Amara la somma pari ad euro 40 mila – si legge – per compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio, ovvero agevolare e favorire il medesimo Longo", successivamente arrestato nell'ambito di un'inchiesta per corruzione.
Nel mirino anche il consigliere del Csm Luigi Spina, che, in merito alla vicenda, dichiara: "Ho appreso dai giornali la notizia. Sono molto amareggiato di averlo dovuto apprendere prima dalla stampa che dall'autorità giudiziaria, da cui ho poi avuto riscontro. Sono a disposizione per ogni chiarimento".
Nel fascicolo sono indagati per corruzione anche l'imprenditore Fabrizio Centofanti e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, già al centro dell'inchiesta sulle presunte sentenza pilotate in Consiglio di Stato. Secondo le accuse i tre avrebbero "corrisposto varie e reiterate utilità a Palamara" quando era consigliere del Csm. Le "utilità", si legge nell'avviso di garanzia inviato a Centofanti, consistevano in viaggi, vacanze a beneficio di Palamara e suoi conoscenti. Tra i beni al centro della presunta corruzione anche un anello "del valore di 2 mila euro in favore dell'amica Adele Attisani, essendo Centofanti in rapporti di stretta ed illecita collaborazione e correità con Amara e Calafiore".
Secondo i magistrati di Perugia la corruzione sarebbe stata attuata affinché "Palamara mettesse a disposizione, a fronte delle utilità, la sua funzione di membro del Csm, favorendo nomine di capi degli uffici cui erano interessati Amara e Calafiore".
Risulta poi indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto di ufficio il pm di Roma Stefano Rocco Fava. Il magistrato avrebbe, secondo chi indaga, comunicato al collega Palamara alcuni dettagli del fascicolo. Fava "violando i doveri inerenti la sua funzione e abusando della sua qualità, comunicando con Palamara e rispondendo alle sue plurime e incalzanti sollecitazioni – si legge nell'avviso di garanzia – gli rivelava come gli inquirenti fossero giunti a lui, specificandogli che gli accertamenti erano partiti 'dalle carte di credito' dell'imprenditore Centofanti e si erano estesi alle verifiche dei pernottamenti negli alberghi, rivelandogli altresì alcuni retroscena delle indagini".
Fava avrebbe anche mostrato a Palamara l'esposto da lui presentato sul procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il procuratore aggiunto Paolo Ielo per presunti comportamenti scorretti nell'indagine su Piero Amara.

