Lo ha fatto sapere la Procura di Milano. L'ex terrorista dei Pac, ha risposto alle domande del pm Nobili, prendendosi tutte le responsabilità sui fatti contestati. "Quando ho ucciso, per me era un guerra giusta. Ma ho capito che la lotta armata ha stroncato il '68". E ha chiesto scusa ai familiari delle vittime
Cesare Battisti è stato interrogato nel fine settimana dal pm Alberto Nobili, titolare del pool antiterrorismo della Procura di Milano, e "ha ammesso tutti gli addebiti" e le sue responsabilità "in quattro omicidi", tre gambizzazioni e in moltissime rapine fatte dai Pac negli anni 70. Lo ha detto il procuratore di Milano Francesco Greco in una conferenza stampa.
In particolare l'ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo avrebbe agito "contro obiettivi precisi, esponenti delle forze dell'ordine, come gli agenti della polizia penitenziaria che per i Pac avevano perseguitato detenuti politici, e Torreggiani e Savarino, i due commercianti che avevano ucciso dei rapinatori. I Pac li chiamavano i miliziani perché armandosi aiutavano lo Stato a garantire la legalità e andavano puniti", ha spiegato Nobili, che ha raccolto le parole di Battisti nel carcere di massima sicurezza di Oristano dove l'ex terrorista è detenuto dal gennaio scorso. "Non è stato pentimento e Battisti non è un collaboratore di giustizia", ha osservato il magistrato, sottolineando che la sua "è stata un'importatissima ammissione di colpevolezza da parte di una persona che ha barato per molti anni. Battisti si è sempre proclamato innocente, difendendosi dietro l'immagine di perseguitato politico, e ha sempre tentato di demolire apparato giudiziario italiano". Il pm ha interrogato l'ex terrorista per circa 9 ore, tra sabato e domenica.
"Quando ho ucciso per me era quella era una guerra giusta", ha dichiarato ancora Battisti al pm. "Battisti non era mai stato interrogato prima – ha spiegato Nobili – e ho avuto la sensazione di assistere a un rito liberatorio". Quella dell'ex terrorista dei Pac "è stata una scelta di campo di fronte a un passato che non ha rinnegato ma da cui adesso ha preso le distanze" anche se "quando aveva 22 anni gli sembrava una scelta giusta". Nobili ha ricordato che l'ex terrorista "era già latitante, quando fu emesso l'ordine di cattura" e perciò "non era mai stato interrogato". Anche per questo, "era tangibile il suo disagio a ricostruire il suo passato dopo 37 anni di latitanza". Per il pm Battisti, che non avrà alcun beneficio dalla sua decisione di ricostruire i suoi trascorsi nella lotta armata, "si è spogliato da un fardello personale".
L'interrogatorio di Cesare Battisti "non è stato fatto per i benefici eventuali, la speranza è di restituire un'immagine giusta del mio assistito, che non è il mostro che è stato descritto, ma è una persona che da 40 anni non ha più commesso delitti e ha voluto rivisitare la sua vita e ricostruire un periodo". Lo ha spiegato l'avvocato Davide Steccanella, difensore dell'ex terrorista dei Pac.
"Il movimento culturale, politico e sociale che é nato nel 68 è stato stroncato dalla lotta armata. Gli anni di piombo hanno sepolto la spinta culturale che era nata nel 68". ha detto Battisti in un passaggio delle dichiarazioni che ha reso davanti al magistrato, responsabile del pool antiterrorismo della Procura di Milano. "Abbiamo stroncato il movimento che avrebbe potuto portare l'Italia a livelli di progresso", ha detto Battisti, difeso dall'avvocato Davide Steccanella.
"Mi rendo conto del male che ho fatto e mi viene da chiedere scusa ai familiari delle vittime", ha detto anche l'ex terrorista che ha ammesso di provare "un forte imbarazzo" e si è reso conto di aver contribuito a creare un'immagine di sé assolutamente negativa per il modo beffardo con cui si è proposto nelle interviste", ha detto Nobili. "Sono detenuto, sono condannato all'ergastolo e colgo l'occasione per fare una certa revisione", ha aggiunto Battisti, davanti al pm che lo ha ascoltato nel carcere di Oristano, dov'è detenuto da gennaio.
Battisti ha fornito anche spiegazioni sulla sua latitanza: "Non ha avuto alcuna copertura" durante questi 37 anni, ha spiegato Nobili "Battisti si è avvalso delle sue dichiarazioni di innocenza per avere aiuti da organizzazioni di estrema sinistra sia in Francia che in Brasile. In tutti questi anni ha anche lavorato parecchio, ha scritto 4 libri e molto articoli e in Francia ha lavorato per una tv".
I quattro omicidi – Il battesimo del fuoco Battisti e i Pac, i Proletari armati per il comunismo, lo hanno il 6 gennaio 1978 a Udine. La vittima designata è il maresciallo della polizia penitenziaria Antonio Santoro, di 52 anni che viene assassinato con un tre colpi di pistola. Il primo va a vuoto ma gli altri, esplosi a bruciapelo alla tempia e al torace, vanno a segno. A sparare è proprio Battisti.
Il 16 febbraio del 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia) è stato ucciso Lino Sabbadin, un macellaio di Mestre che aveva ucciso un rapinatore mentre tentava di svaligiare il suo negozio. Battisti e i suoi compagni lo ritenevano un "miliziano" perché armandosi "aiutava lo Stato a garantire la legalità e per questo andavano puniti". In questo caso, però, a sparare quattro colpi di pistola contro il negoziante è stato Diego Giacomin, che ha mirato alla testa, al torace e all'addome mentre Battisti e un altro complice lo coprivano e gli garantivano una via di fuga.
Lo stesso giorno, a poche ore di distanza, a Milano, a morire fuori al suo negozio in via Mercantini, nel quartiere della Bovisa, è stato il gioielliere Pierluigi Torreggiani. Anche il negoziante 42enne era "colpevole" di aver sventato una rapina. La sera del 22 gennaio, mentre cenava con familiari e amici nella pizzeria 'Transatlantico' di via Marcello Malpighi, in zona di Porta Venezia, dei rapinatori erano entrati e gli avevano intimato di consegnare una valigetta di gioielli che aveva mostrato poco prima durante una televendita in una tv privata. Il gioielliere e uno dei suoi amici avevano reagito ed era nato un conflitto a fuoco. Alla fine un malvivente e un cliente erano rimasti a terra. I giornali, dopo quell'episodio, hanno ritratto Torregiani come lo "sceriffo della borghesia". Per questo Battisti ha ideato e organizzato il suo omicidio. Nel corso nell'agguato a Torreggiani – ferito con due colpi di pistola alle gambe, due al torace e finito con un colpo alla testa da Giuseppe Memeo – è stato coinvolto anche il figlio Alberto. Un proiettile ha danneggiato la sua spina dorsale da quel giorno vive su di una sedia a rotelle.
Due mesi dopo, il 19 aprile del 1979, sempre a Milano, è stato assassinato l'agente della Digos Andrea Campagna. L'ex terrorista e i complici si erano appostati sotto casa della fidanzata del poliziotto 25enne. Contro di lui Battisti ha sparato 5 colpi con un revolver calibro 357 Magnum da una distanza ravvicinata che hanno avuto un effetto devastante. Ferito in "diverse parti vitali del corpo", Campagna è morto durante il trasporto in ospedale.
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