Prodotti venduti tramite il portale di e-commerce anticamorra, che nascono dalle terre confiscate ai mafiosi e vengono restituite alla gente comune, le prime vittime delle vessazioni malavitose
Che gusto sublime dà quando 'Facciamo un pacco alla camorra'. È la sensazione che ormai da dieci anni alcune delle più attive associazioni che si battono contro la criminalità, assieme a imprese che si sono liberate dal racket e volontari, offrono ai cittadini italiani. Prodotti venduti tramite il portale di e-commerce anticamorra, che nascono dalle terre confiscate ai mafiosi e vengono restituite alla gente comune, le prime vittime delle vessazioni malavitose. Perché quando qualcuno ti toglie la terra dove costruire un pezzo di futuro, ti sta strappando via la vita. Almeno fino a quando i "deboli" non decidono di fare squadra. E allora diventano forti. Non prepotenti, ma costruttivamente forti.
Per conferma, chiedere a Nco-Nuova cooperazione organizzata, che insieme al Comitato don Peppe Diana, Libera e Rete di Cittadinanza Attiva, ha celebrato i primi due lustri dell'iniziativa. "Dieci anni di follia", questo lo slogan scelto l'organizzazione dell'iniziativa. "È un pacco di vita, perché questi prodotti sono segni della vita, della dignità, del lavoro delle persone", ha detto don Luigi Ciotti. "Sono la traduzione concreta dell'enciclica di Papa Francesco Laudato sì. In questo pacco c'è il grido della terra, il grido dei poveri, il grido di don Peppe Diana. Ma anche la lucidità di pensare a un percorso di cambiamento – ha aggiunto – Dieci anni di 'Facciamo un pacco alla camorra' sono un segno di speranza e di grande riscatto. E quindi dobbiamo risalire sui tetti per annunciare parole di vita come ci invitava a fare don Peppe Diana. Ne vale la pena. Non facciamoci travolgere da sfiducia, apatia, rassegnazione. Qui ci sono cose belle, qui c'è la speranza".
Per Peppe Pagano, vicepresidente del consorzio Nuova cooperazione organizzata, "questi dieci anni sono la dimostrazione della forza dello Stato, che 'si può fare' e 'si può fare insieme'. Non ci siamo mai sentiti soli: sono tante le organizzazioni che con noi hanno condiviso questo percorso". Ma anche "le forze dell'ordine e della magistratura ci hanno sempre fatto sentire al sicuro, e grazie a tutto un sistema che mette le persone al centro che abbiamo potuto rialzarci". Pagano spiega anche la genesi di questa idea che "non nasce in Campania, ma in Sicilia", però "il bene si diffonde a macchia d'olio e, quando a Corleone dei ragazzi siciliani alzarono un pacco di pasta fatto sui terreni confiscati, ci dissero che si poteva fare. Senza di loro, senza il loro esempio, probabilmente non avremmo avuto la caparbietà di avviare questo percorso".
Anche il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, è intervenuto per dare un peso istituzionale all'iniziativa: "Non è solo la battaglia dei campani, ma è la battaglia di tutti – ha detto -. 'Facciamo un pacco alla camorra' è un modello che deve essere esportato perché alimenta la fiducia". Serve, però, la 'ribellione' del popolo, la rottura di una catena invalidante per il territorio. "Sono 10 anni di follia, iniziati nel 2008, il momento più buio, quando si sparava e uccideva. Ma tanti giovani non sono andati via, sono rimasti qui per costruire comunità nuove", ha raccontato Valerio Taglione, coordinatore del Comitato don Peppe Diana. "Ora c'è bisogno di impegno, continuità, costruzione di percorsi nuovi, ma abbiamo bisogno anche di uno Stato che si fa portavoce di una nuova fase che è quella della ricostruzione. Grazie alla camorra abbiamo le 'macerie', ora bisogna ricostruire".
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