La sentenza di secondo grado arriva a diciassette anni dalla morte dell'inviata del Corriere della Sera, assassinata in Afghanistan nel novembre del 2001

Ventiquattro anni di carcere. È la sentenza in appello per Mamur e Zar Jan, i due cittadini afgani già condannati in patria per l'omicidio di Maria Grazia Cutuli, l'inviata del Corriere della Sera assassinata in Afghanistan nel novembre del 2001. La sentenza di secondo grado arriva a diciassette anni dalla morte della reporter, e viene pronunciata dai giudici della Prima Corte d'Assise d'Appello del tribunale di Roma. Il pg Francesco Mollace aveva chiesto 24 anni di carcere per entrambi a conferma della sentenza di primo grado.

In udienza erano presenti la sorella della vittima, Donata Cutuli, e il fratello Mario, parte civile insieme agli altri famigliari. Gli imputati, presenti in video conferenza alla prima parte del processo, non erano collegati al momento della lettura del dispositivo. I giudici hanno disposto la traduzione integrale della sentenza in lingua afgana.
Mamur e Zar Jan, identificati rispettivamente come figlio di Golfeiz e di Habib Khan perché in Afghanistan non esiste l'anagrafe, sono entrambi ritenuti responsabili dell'omicidio, avvenuto per motivi politici, e di concorso in rapina, per essersi impossessati di una radio, di un computer e di una macchina fotografica che Cutuli aveva con sé.
I due condannati sono in carcere da anni in Afghanistan dove stanno scontando pene di 16 e 18 anni, mentre un terzo uomo, Reza Khan, fu giustiziato nel 2007 per l'omicidio.

Maria Grazia Cutuli morì in un agguato il 19 novembre del 2001 assieme ad altri tre colleghi in Afghanistan, lungo la strada che da Jalalabad porta a Kabul.
 

 

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