Tre gli episodi che segnarono drammaticamente il vertice di Genova del 2001. E Gabrielli oggi dice: "Se fossi stato Gianni De Gennaro, mi sarei dimesso"
Sedici anni fa, il 20 luglio 2001, moriva in piazza Alimonda, a Genova, durante le manifestazioni contro il G8, Carlo Giuliani. Le televisioni e i siti di tutto il mondo trasmisero le immagini del corpo a terra senza vita del 23enne, con un estintore vicino. Secondo una prima versione sarebbe stato ucciso da un sasso lanciato da chi era in piazza, così urlarono le forze dell'ordine in piazza subito dopo l'episodio. Le perizie dimostrarono poi che a uccidere Giuliani era stato un colpo sparato da Mario Placanica, carabiniere all'interno del defender accerchiato dai manifestanti. La ricostruzione del militare fu che aveva intimato di allontanarsi e di essere stato in preda al panico. Dopo gli spari, uno dei quali colpì Giuliani alla testa, il veicolo passò sopra al suo corpo, due volte. Placanica venne indagato per omicidio colposo e poi prosciolto per legittima difesa.
In una Genova messa a ferro e fuoco dai black block, veri e presunti tali, la morte di Giuliani non fu l'unica tragedia. Decine di manifestanti furono portati alla caserma di Bolzaneto e denunciarono di aver subito trattamenti inumani. "Lo dico chiaro, ci fu tortura", ha ammesso il capo della polizia di oggi, Franco Gabrielli, che a proposito del suo predecessore dell'epoca sottolinea: "Se io fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso". Il governo ha riconosciuto l'esistenza di casi di abusi in caserma in seguito al ricorso presentato da sei cittadini italiani alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. L'esecutivo ha inoltre ammesso "la mancanza di disposizioni regolamentari adeguate" e "si è impegnato a prevedere norme penali che puniscano l'abuso e la tortura".
Un terzo episodio segnò drammaticamente il G8 di Genova. Il giorno dopo la morte di Giuliani andò in scena il massacro della scuola Diaz. Le forze dell'ordine fecero irruzione a tarda sera nell'edificio che ospitava il coordinamento del Genoa social forum e dove molti manifestanti stavano dormendo. Per quei fatti l'Italia ha subito un'altra condanna da parte dei giudici di Strasburgo, che hanno valutato le leggi nostrane non adeguate a punire e, ancora prima, a prevenire gli atti di tortura perpetrati dalle forze dell'ordine. Già nel 2015 la corte aveva condannato il nostro Paese, non solo per il pestaggio subìto da uno dei manifestanti durante il G8, ma anche per aver lasciato un vuoto legislativo che ha consentito ai colpevoli di restare impuniti. Il 5 luglio la Camera, dopo un dibattito durato trent'anni, ha approvato il disegno di legge che introduce nell'ordinamento il reato di tortura. Un provvedimento però aspramente criticato da alcune importanti realtà in difesa dei diritti civili, da Amnesty international ad Antigone, che la bocciano come "carente", quando non "inutile e inapplicabile", come la giudica Ilaria Cucchi.
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