Il parlamentare, Antonio Marotta, è accusato di reati che vanno dal finanziamento illecito alla ricettazione

Centinaia di finanzieri hanno eseguito nel Lazio e in altre regioni d'Italia decine di perquisizioni disposte dalla procura di Roma e decine tra arresti e altre misure cautelari ordinate dal gip del tribunale capitolino. I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Il blitz del Nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza di Roma è scattato all'alba.

Gli arrestati sono 24 (dodici in carcere e dodici arresti domiciliari), a cui vanno aggiunti cinque misure interdittive (obbligo di dimora e divieto di attività professionale) e il sequestro di più di 1,2 milioni di euro tra immobili. Tra gli indagati c'è anche Antonio Marotta, parlamentare Ncd in carica, di professione avvocato. Il deputato è indagato per reati che vanno dal traffico di influenza, al finanziamento illecito e la ricettazione. Marotta si dice estraneo ai fatti: "Credo di essere stato oggetto di un equivoco".  

Le indagini sono partite da segnalazioni per operazioni sospette nei confronti di un consulente tributario romano e di un labirinto di società a lui riferibili che movimentavano grandi somme di denaro tra i conti correnti personali ed aziendali. Gli investigatori hanno ricostruito l'operatività di una ramificata struttura imprenditoriale illecita che ha movimentato oltre dieci milioni di euro giustificati da fatture false a scopo di evasione e per costituire riserve nascoste al fisco da usare attraverso una galassia di società gestite da prestanome. Per 'ammorbidire' eventuali controlli fiscali e agevolare le pratiche di rimborso delle imposte, il consulente si avvaleva anche di due dipendenti infedeli dell'Agenzia delle Entrate di Roma, finiti in manette. 

Figura centrale del sistema affaristico-criminale è un faccendiere capitolino, originario della Calabria, attivo nel settore delle pubbliche relazioni che, forte di appoggi politici e grazie a salde, antiche relazioni con personalità di vertice di enti e società pubbliche, "costituiva lo snodo tra il mondo imprenditoriale e quello degli enti pubblici – scrivono gli inquirenti – svolgendo un'incessante e prezzolata opera di intermediazione nell'interesse personale e di imprenditori senza scrupoli interessati ad aggiudicarsi gare pubbliche". Il faccendiere, sfruttando i legami stabili con la politica, si adoperava anche per favorire la nomina, ai vertici di enti e di società pubbliche, di persone a lui vicine, così acquisendo credito nei confronti di queste che, riconoscenti, risultavano sensibili alle sue richieste.

Il capo dell'organizzazione usava uno studio accanto al Parlamento, per ricevere denaro di illecita provenienza, occultarlo e smistarlo, avvalendosi in un caso anche della collaborazione del parlamentare attualmente indagato, che secondo chi indaga "lo ha attivamente coadiuvato nelle attività di illecita intermediazione". Nei confronti degli oltre cinquanta tra arrestati e indagati, ritenuti parte del sodalizio criminale, effettuate perquisizioni in oltre cento obiettivi tra la Capitale, il Lazio, la Lombardia, il Veneto, l'Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, l'Umbria e la Campania.

Giuseppe Pizza segretario della Democrazia cristiana e proprietario dello storico simbolo dello scudo crociato, nonché ex sottosegretario all'istruzione, è tra gli indagati nell'inchiesta della guardia di finanza. Pizza, fratello di Raffaele finito in manette nell'ambito della stessa operazione, è indagato per il reato di riciclaggio.

C'è anche la gestione dell'appalto del call center unico Inps Inail al centro dell'indagine. Secondo gli inquirenti l'appalto sarebbe stato affidato in maniera regolare ma condotte illecite si sarebbero verificate in un secondo momento, nei rapporti con i subappaltatori. Nella distribuzione di lavori e subappalti il gruppo avrebbe realizzato tutta una serie di false fatturazioni e frodi fiscali per generare denaro extra contabile poi usato per tangenti, riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti.
 

 

 

 

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