Milano, 27 nov. (LaPresse) – Si è messa a piangere ancora una volta Martina Levato, nel corso dell’udienza del processo celebrato con rito abbreviato davanti al gup di Milano Roberto Arnaldi a suo carico e a carico del complice Andrea Magnani, accusati di aver sfigurato con l’acido gli ex fidanzati della ragazza. Quando l’avvocato Andrea Orabona, legale di Stefano Savi, una delle vittime, le ha chiesto perché a casa dei suoi genitori a Bollate la polizia abbia trovato un ingente quantitativo di soda caustica, la studentessa ha spiegato tra le lacrime che la sostanza chimica serviva per conservare le olive che la famiglia acquistava in grandi quantità in Calabria, dove trascorreva abitualmente le vacanze. L’avvocato Orabona le ha domandato come mai tra gli oggetti sequestrati dagli investigatori ci fosse, oltre alla soda, anche una foto di Pietro Barbini, altra vittima dei blitz, scattata ai tempi in cui lui e l’imputato frequentavano assieme il liceo. A quel punto la ragazza ha risposto, singhiozzando, che “la casa dei genitori a Bollate non veniva certo usata come base per l’acido”.

Nel corso del contro interrogatorio, Martina Levato ha ribadito che è stato Magnani a proporle prima di utilizzare una pistola e poi l’acido per vendicarsi degli uomini che l’avevano maltrattata. La 24enne ha anche negato di aver preso parte all’aggressione a Stefano Savi, sfigurato per errore, perché somigliava al fotografo Giuliano Carparelli, vero obiettivo del blitz, nella notte dell’1 novembre 2014 in via Quarto Cagnino a Milano. La ragazza ha anche escluso che a quell’agguato abbiano preso parte l’amante e complice Alexander Boettcher e Magnani. I tabulati telefonici, depositati agli atti, mostrano però che i due ragazzi quella notte si erano sentiti.

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