Roma, 26 ott. (LaPresse) – “Le mucche fanno il latte”, lo imparano i bambini a scuola. Ma dietro questa affermazione c’è una realtà ben poco conosciuta. “In seguito a anni di selezioni genetiche – spiega la Lav – le mucche da latte producono circa dieci volte la quantità di latte necessaria per nutrire i propri vitelli: un abuso metabolico che ne consuma letteralmente il corpo. In natura vivrebbero fino a 40 anni, mentre in allevamento vengono avviate al macello dopo soli 7/8 anni, ormai usurate e meno produttive. Per produrre enormi quantità di latte destinate all’uomo, una mucca è costretta a partorire un vitello l’anno: allattamento e gravidanza coincidono durante la maggior parte dell’anno”.

“I cuccioli – spiega l’organizzazione animalista – sono allontanati dalla madre da 1 a 3 giorni dalla nascita. Le femmine rientrano nel ciclo produttivo del latte. I maschi, invece, sono nella maggior parte dei casi inviati alle aziende per ingrassarli, prima con latte in polvere integrato, poi con farine proteiche e scarti di macellazione: una dieta mirata unicamente a ricavare un prodotto commerciabile”.

“Nelle stalle – prosegue l’associazione – lo spazio è limitato rispetto alle naturali necessità degli animali. Spesso il numero degli addetti alla cura delle stalle non è sufficiente ad assicurarne una pulizia sufficiente: urina e feci accumulate sui pavimenti esalano grandi quantità di ammoniaca, che causa infiammazioni e problemi respiratori”.

Le campagne della Lav si muovono in due direzioni: da una parte puntano a convincere le persone a eliminare il consumo di carne, dall’altro adottano l’approccio della riduzione del danno, con iniziative che mirano a migliorare le condizioni degli animali allevati. “Dal 2005 – scrive l’organizzazione – grazie anche alle campagne che la Lav ha portato avanti, i vitelli hanno spazio sufficiente a farli sdraiare e un’alimentazione integrata con sostanze fibrose. Un miglioramento che non cambia purtroppo il loro destino, ma che migliora leggermente la loro esistenza”.

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