di Alessandra Lemme

Roma, 12 ago. (LaPresse) – Due mesi dopo l’apertura della tendopoli per i migranti, nei pressi della stazione Tiburtina a Roma, la struttura della Croce rossa italiana continua lavorare a pieno regime. Ospita dai 150 ai 240 profughi a seconda dei giorni, e quasi tutti ripartono entro una settimana dall’arrivo: giusto il tempo di avvertire i parenti che risiedono nel Paese europeo che vogliono raggiungere, farsi spedire il denaro necessario al viaggio e acquistare il biglietto del treno. Oggi ci sono 160 persone provenienti prevalentemente dall’Eritrea ma anche da Etiopia, Afghanistan e Ciad: entro la prossima settimana quasi tutti ripartiranno verso Francia, Germania o nord Europa e qualche altro centinaio di persone sarà nel frattempo arrivato nella tensostruttura.

“Solo per la Croce rossa siamo un centinaio di volontari a darci il cambio, poi ci sono tutte le associazioni che vengono a darci una mano”, spiega il responsabile del campo Giorgio De Acutis. “In questi due mesi le difficoltà non sono mancate – racconta ancora l’uomo mentre spazza via acqua da una tenda allagata per le piogge di ieri – ma ci ha sorpreso l’aiuto di tutti, a cominciare dai cittadini del quartiere, tanto che le prime settimane le abbiamo passate a scaricare e distribuire i prodotti offerti“.

La tendopoli nasce come soluzione di emergenza in attesa della ristrutturazione del Ferrhotel, l’ex alloggio dei ferrovieri in via Masaniello, sempre vicino alla Tiburtina, che Comune e prefettura avevano assicurato sarebbe stato pronto per luglio. In realtà i lavori procedono a rilento e nella tensostruttura, e nel vicino centro Baobab, continuano ad arrivare immigrati. Oggi l’assessore comunale alle Politiche sociali Francesca Danese ha visitato il campo per fare il punto con gli operatori sulle principali necessità: “Stiamo facendo il possibile per ampliare l’offerta di aiuto – sottolinea Danese – ma bisogna riconoscere che siamo tra i pochi, insieme a Milano, ad affrontare la questione dei transitanti”.

In effetti la parola “transitanti” è sconosciuta ai più, e il Viminale non ha dati ufficiali in proposito. Ogni giorno, soprattutto in estate, centinaia di profughi arrivano sulle coste della Sicilia e partono per Roma e Milano da dove, nel giro di una settimana, prendono un treno alla volta dell’Europa. In teoria tutti dovrebbero essere identificati e, per la Convenzione di Dublino, chiedere asilo solo nel Paese in cui avviene la registrazione. Ma non è così.

Nel 2014, a fronte di 170mila persone sbarcate in Italia, ci sono state 65mila richieste di asilo: in un anno circa centomila migranti sono arrivati nella Penisola senza essere identificati. Un numero enorme di persone, che comprende chi prosegue il viaggio e chi si ferma da irregolare. Solo nella tendopoli della Croce rossa a Roma sono passati da metà giugno oltre duemila profughi, nessuno dei quali registrato in Italia.

Ogni giorno i volontari offrono un letto in una delle dodici tende, da dieci a venti posti. Distribuiscono cibo, vestiti, cure e informazioni: spiegano come ripartire e dove comprare un biglietto del treno senza finire nella mani di organizzazioni criminali che, dopo il viaggio via mare sui gommoni, offrono a caro prezzo tragitti, spesso precari e pericolosi, anche su gomma, alla volta del nord.

Per i transitanti della tendopoli del tiburtino, Roma è solo la metà del viaggio, e bastano le impronte digitali prese in questura perché il loro desiderio di una vita migliore resti incompiuto. Terminata la visita dell’assessore, esaurito il viavai, una signora fa capolino al cancello, i volontari la fanno entrare e lei lascia una scatola: “Vivo qui vicino e ho portato un pensiero per il loro viaggio”, dice. Nella scatola c’è una trentina di sacchetti di plastica trasparente, e in ognuno due o tre caramelle, un pacchetto di fazzoletti e uno di cracker.

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