di Denise Faticante

Roma, 26 mag. (LaPresse) – Si preleva soprattutto di notte, col favore del buio. Nel mirino binari ferroviari, cabine elettriche, tralicci dei cavi telefonici, tombini ma anche cimiteri. Il furto di rame non conosce crisi e da sempre è una fonte di facile guadagno. Il metallo è un ottimo conduttore, è resistente e costituisce un appetitoso business per la criminalità organizzata che aumenta i ricavi grazie alle costanti richieste dei Paesi emergenti come India, Brasile e Cina. Le ricadute economiche sull’Italia sono notevoli e si aggirano sul milione e mezzo a trimestre mentre si affinano sempre di più le competenze di chi ruba: col passare degli anni i ladri di rame sono quindi sempre più specializzati.

Identikit e catena di montaggio. A descrivere il fenomeno a LaPresse è il vicequestore aggiunto Marco Napoli, responsabile della polizia giudiziaria Polfer del Lazio. Il prezzo del rame sul mercato legale è di circa sei euro. Quello rubato si assesta tra i 3 e i 4, però già sguainato. Grezzo costa anche 1 euro. “Se si tratta di piccole quantità prelevate – afferma – con molta probabilità ci troviamo davanti al disoccupato o al disperato. Quando invece abbiamo a che fare con materiale ingente abbiamo di fronte una vera e propria organizzazione con una strategia ben determinata che arriva a rubare anche 3mila chili di rame a notte”. Le bande agiscono appunto col buio e con grandi competenze anche perché il rischio di rimanere folgorati è alto. Prima di entrare in azione, il gruppo (da 3 fino a 7 persone) racconta il vicequestore aggiunto, che da 4 anni con i suoi uomini è in prima linea per contrastare il fenomeno, ‘saggia’ i cavi per vedere se passa corrente. Poi preleva, sguaina, compatta e vende ai rottamatori di rame. Il vero problema quindi è proprio la tracciabilità del materiale. Per quanto riguarda la provenienza del ladri di rame, sei su dieci sono italiani, il resto viene dall’est europeo.

Non solo binari: cavi telefono e cimiteri. Negli ultimi anni, a Roma come a Napoli, per esempio, si sono registrati ‘colpi’ nei cimiteri. A ruba vanno vasi, cornici e arredi funebri in ottone (lega di rame e zinco) ma anche statue e lettere per le lapidi. Non vengono risparmiati neanche i cavi del telefono. Sono più piccoli di diametro, non sono sotto tensione elettrica, e quando la sezione del cavo è simile a quella di un tubo per lo scolo dell’acqua, i ladri lo tagliano a pezzi da un metro.

Costi, giro d’affari e danni economici. Nei primi mesi del 2015, stando ai dati resi noti dall’Osservatorio Nazionale dei furti di rame (task forze con forze dell’ordine, ferrovie dello Stato, Enel e Telecom) sono stati rubati 132.019 chili di rame, sia in linea che in deposito solo per quanto riguarda il sistema ferroviario italiano. Per un danno economico, diretto e di manutenzione, di 1.408.109.08. Ma non ci sono solo ricadute sull’Italia. Il fenomeno nasce e dà nutrimento al mercato nero dal quale trae profitto la criminalità organizzata. Un chilometro di rame costa 500 euro, viene rivenduto al mercato nero a 147 euro e porta una spesa di 3.000 euro per ripristinare l’impianto danneggiato.

In divisa a pattugliare i binari. La Tav, avendo i cavi più doppi, è ovviamente più appetibile per i ladri di rame. Ed è lungo i binari, soprattutto di notte, che si svolge l’opera di pattugliamento e controllo degli uomini della polizia ferroviaria. L’attività della Polfer – ogni notte decine di agenti controllano le zone a ridosso dei binari, anche in aperta campagna – ha portato dei risultati: nei primi 4 mesi del 2015 si è registrato un calo del 30% dei furti in tutta la rete nazionale, il 36% nel Lazio. Dal 2012 802 persone sono state indagate, di queste 171 finite in cella.

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