Roma, 26 nov. (LaPresse) – Insieme al medico siciliano infettato dal virus Ebola sono partite quattro sacche di sangue di pazienti guariti. “È sangue di persone che hanno sconfitto il virus e hanno sviluppato anticorpi. Ce l’ha chiesto il direttore dello Spallanzani Beppe Ippolito, siamo riusciti a trovarlo in tempo”, spiega al Corriere della Sera Gino Strada, fondatore di Emergency. “Siamo tutti un po’ preoccupati, oltre che molto dispiaciuti, anche se siamo ottimisti”, aggiunge, in merito al contagio del primo paziente italiano. “Non siamo riusciti a capire” come sia stato contagiato, dice Strada. “I sistemi di protezione – aggiunge – sono efficaci, altrimenti avremmo avuto molti più casi. Tra l’altro lui è una persona molto meticolosa, precisa, avrebbe notato un qualche incidente. Ci ha chiamato domenica mattina dal lavoro: non sto bene, ho la febbre. Ci siamo subito attivati”.

Intanto da Ginevra è arrivata la notizia del miglioramento delle condizioni del medico cubano curato in Sierra Leone. “Sono contento”, dice Gino Strada, facendo peò notare che “su circa venti operatori internazionali curati in Occidente dopo aver contratto il virus in Africa, il 75% è guarito, mentre qui il 75% muore. La differenza la fa l’avere a disposizione cure che, anche se non specifiche per il virus, siano in grado di far guadagnare tempo al paziente perché possa sviluppare la sua risposta immunitaria. È così che si vince la battaglia. Ecco, con la terapia intensiva si riesce a guadagnare tempo”.

Intanto da Ginevra è arrivata la notizia del miglioramento delle condizioni del medico cubano curato in Sierra Leone. “Sono contento”, dice Gino Strada, facendo peò notare che “su circa venti operatori internazionali curati in Occidente dopo aver contratto il virus in Africa, il 75% è guarito, mentre qui il 75% muore. La differenza la fa l’avere a disposizione cure che, anche se non specifiche per il virus, siano in grado di far guadagnare tempo al paziente perché possa sviluppare la sua risposta immunitaria. È così che si vince la battaglia. Ecco, con la terapia intensiva si riesce a guadagnare tempo”.

“È quello che cerchiamo di mettere in piedi nel nuovo centro da cento posti finanziato dai britannici – continua il fondatore di Emergency – Vogliamo farlo partire il 14 dicembre. Ventidue letti saranno in terapia intensiva”. L’ipotesi di curare il medico italiano lì “l’abbiamo valutata, lui ha chiesto di essere evacuato allo Spallanzani. Anche perché tra noi e lo Spallanzani c’è una collaborazione continua, anche prima di questo caso ci sentivamo 4 o 5 volte al giorno: un loro team sta per venire giù a lavorare al laboratorio”.

“La mortalità – prosegue Strada – continua a essere superiore al 60%, anche se è in calo. Ogni settimana riusciamo a grattugiare via qualche un per cento”, ma aggiunge, riguardo al personale: “siamo sempre a corto, anche perché chi viene qui è per missioni di 5 settimane e il turnover è alto. Questo è un lavoro che richiede anche un grande sforzo fisico. È chiaro che la fatica può far calare l’attenzione. Se avessimo qui quei 15 operatori pronti a partire dall’Italia sarebbe meglio. Per il nuovo centro avremo bisogno di un centinaio di internazionali e 250 locali”. Intanto stanno per partire due studi clinici, uno sull’amiodarone e l’altro sul siero dei convalescenti, e Strada conclude “una delle più promettenti ipotesi di cura”.

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