Di Jan Pellissier
Courmayeur (Aosta), 22 apr. (LaPresse) – La statale che collega l’autostrada da Aosta al tunnel del Monte Bianco sfiora la zona rossa della frana di Courmayeur. Gli uomini della Protezione civile presidiano l’unico varco. La terra scura della montagna è ferma oggi. Stanotte, però, ha nuovamente ceduto due volte, muovendo 20mila metri cubi di materiale. Appena il 5% della parte più esposta di una paleo-frana, che in tutto ha un volume da 8 milioni di metri cubi. Il rombo dopo i due crolli parziali di ieri sera è stato sentito fino in paese, tre chilometri più a valle. In centro a Courmayeur la vita va avanti normalmente, una pace assoluta aumentata dalla chiusura degli impianti sciistici di ieri. Lungo i due tornanti che portano al tunnel, si scorgono una decina di edifici della metà degli ani ’50, quando fu inaugurata la funivia del Monte Bianco, e l’area divenne insieme alla sottostante Entreves un’area turistica.
La borgata storica non è visibile dalla statale, ma certo la toponomastica ‘La Palud’ era chiara nell’indicare una zona non ideale per costruire. Cosa che invece si è continuata a fare, con l’unico vincolo di un rispetto ambientale. Il comune non aveva un piano un regolatore, in Italia fino al 1962 non c’erano norme precise in merito. Bastava garantire allacci e sistemi idrici funzionanti. Oggi, a La Palud non si potrebbe costruire. Ancora di più dopo che nel 2009 la paleofrana riemerse dopo secoli di silenzio. Tutta l’area è una ‘zona rossa’ dove non si può nemmeno piantare un paletto. Ma gli alberghi degli anni ’50 ci sono ed erano tutti prenotati per le vacanze di Pasqua.
A Courmayeur i residenti di La Palud costretti a lasciare le loro case sono stati accolti da parenti e amici, ma si interrogano sul futuro. Il capo dipartimento della protezione civile, Franco Gabrielli, oggi in visita, si è detto disponibile ad un eventuale risarcimento o compensazione economica. Ma solo quando la frana sarà venuta giù si potrà ipotizzare un rientro alla normalità. Sempre che non travolga la statale del Monte Bianco, facendo rivivere l’incubo del 1999, quando un camion prese fuoco nel tunnel causando 39 morti e tre anni di chiusura della struttura.
Oggi c’è un’autostrada che arriva fino al tunnel, ci sono controlli termici sui tir. Ma niente e nessuno può fermare la ‘paleofrana’. Che è solo una delle due milioni di frane presenti in Italia, e tra queste alcune centinaia hanno la stessa pericolosità di quella a La Palud. Servirebbero 40 miliardi per mettere a posto il territorio italiano, Renzi ha messo il tema del dissesto idrogeologico in cima alle priorità con l’edilizia scolastica. Qui a Courmayeur il patto di stabilità impediva di intervenire sulla frana, c’è voluto un decreto del governo Letta del 30 gennaio, per sbloccare i primi fondi che consentiranno in 150 giorni di creare un vallo che freni il movimento della terra. Ma non in tutt’Italia ci sono progetti e volontà politiche così forti, e non dovunque c’è un’arteria fondamentale per l’economia del Paese.
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