Napoli, 21 feb. (LaPresse) – Beni mobili e immobili, rapporti finanziari e aziende. Tutto confiscato, per il valore di circa 5 milioni di euro. E’ il risultato di un’operazione della Dia di Napoli che ha colpito Giuseppe Setola e i suoi familiari e amici. Setola, arrestato nel gennaio 2009 dopo un periodo di latitanza, condannato a diversi ergastoli, si trova attualmente in regime di carcere duro in base all’art. 41 bis. L’uomo, già considerato elemento di primo piano del clan dei Casalesi nella fazione capeggiata da Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte, è tristemente noto perché autore di numerosi omicidi che hanno insanguinato il litorale di Castel Volturno e paesi limitrofi, come quello di Umberto Bidognetti, padre del collaboratore Domenico, avvenuto il 2 maggio 2008.
L’evento criminale più efferato di cui Giuseppe Setola è stato protagonista è sicuramente la strage di Castel Volturno, episodio che ebbe risonanza internazionale sia per l’efferatezza dell’atto, che per il coinvolgimento di cittadini africani uccisi in modo del tutto casuale. Il raid stragista provocò dapprima l’uccisione dell’esercente di una sala giochi, con una sessantina di proiettili davanti al suo negozio nella popolosa Baia Verde di Castel Volturno e, poco dopo, di sei cittadini africani contro i quali vennero esplosi in poco meno di trenta secondi, con almeno sette armi da guerra di modello e calibro diverso ben 125 colpi. La peculiarità della condotta del Gruppo Setola indusse la magistratura ad indicare fra le aggravanti contestate agli autori degli omicidi, oltre a quella tipica del metodo mafioso e del fine di agevolare il clan dei Casalesi, anche quella di avere agito con finalità di discriminazione ed odio razziale, essendo emerso che la strage denotava un odio indiscriminato del gruppo di Setola basato su un pregiudizio razziale, in ordine al quale si voleva asservire il gruppo di extracomunitari stanziatosi sul litorale domizio alla volontà del clan. La Magistratura individuò nel comportamento del gruppo capeggiato da Giuseppe Setola anche la finalità terroristica della strage, poiché l’intento sotteso al fatto omicidiario era suscitare paura nella collettività, con l’obiettivo, indiretto, di indebolire la fiducia della cittadinanza nello Stato.
Le indagini patrimoniali eseguite dalla Dia di Napoli, hanno permesso di accertare la presenza di numerosi beni nella disponibilità di Giuseppe Setola e dei suoi parenti fra cui il fratello, Pasquale Setola, anche attraverso interposte persone. Tali beni sono stati ritenuti dal Tribunale di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati sia dall’uomo che dai parenti o dalle persone a lui vicine, giungendo alla conclusione, alla luce anche delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Diana Alfonso, Domenico Bidognetti e Gaetano Vassallo, che gli stessi erano dei meri prestanome di Giuseppe Setola. Il pregiudicato reimpiegava i proventi di attività criminose, in acquisti di beni immobili e di attività commerciali, attribuendo fittiziamente i beni al fratello Pasquale (suo complice in altri gravissimi reati ed illeciti), ad altri familiari e conoscenti per non apparire titolare in proprio e per non correre il rischio di sequestri e di successive confische ad opera dell’autorità giudiziaria, cercando di eludere, in tal modo, i controlli fiscali.
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