Bologna, 3 set. (LaPresse) – Corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e accesso abusivo all’anagrafe del Viminale. Sono queste le accuse rivolte al vicequestore aggiunto di Bologna, Giovanni Preziosa, arrestato questa mattina nella sua abitazione dal nucleo di polizia tributaria di Venezia. Assessore alla Sicurezza dell’ex sindaco di Bologna, Giorgio Guazzaloca e attuale dirigente del commissariato Santa Viola, Preziosa è ritenuto “il soggetto apicale” di un sistema volto a favorire gli interessi della società Mantovani, importante azienda di costruzioni, il cui presidente Piergiorgio Baita era finito in manette lo scorso anno nell’ambito di un’inchiesta legata ai lavori del Mose.
E proprio in questo filone si inserisce la figura di Preziosa. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, la Mantovani si sarebbe rivolta all’imprenditore Mirco Voltazza per avere informazioni proprio in merito all’inchiesta che la riguardava. L’uomo, a sua volta, aveva chiesto aiuto a Manuele Marazzi – anche lui finito in manette – considerato il tramite tra il gruppo Mantovani e Preziosi. L’obiettivo era quello di avere informazioni sull’inchiesta ed eventuali ‘soffiate’ sulle indagini a carico dell’azienda. Il vicequestore, secondo gli inquirenti, avrebbe così avuto accesso al database del Viminale, in cambio di tangenti depositate in diverse tranche su conti esteri, per un totale di circa 150mila euro.
In un caso, inoltre, Preziosa, avrebbe fornito a Marazzi paletta e lampeggiante perché potesse presentarsi, in veste di autorità pubblica, presso Veneto Strade, società verso la quale la Mantovani aveva interessi economici, al fine di fare pressione sui titolari e sbloccare la situazione. Le indagini, spiega la guardia di finanza, sono concluse. “Era lui la gola profonda”, dicono da Venezia e per questo stamattina, intorno alle sette, la sua casa è stata perquisita e Preziosa è finito nel carcere di Verona. Marrazzi, invece, ora si trova a Bologna.
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