Roma, 24 giu. (LaPresse) – Dalle prime luci dell’alba i carabinieri del gruppo di Roma hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Roma nei confronti di 11 persone (10 custodie cautelari in carcere e una agli arresti domiciliari) di età compresa tra i 27 e i 62 anni, ritenute responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione in strada, nonché alla riduzione in schiavitù di ragazze. Nel corso dell’indagine è emersa la violenza che i componenti dell’organizzazione riversavano sulle giovani sfruttate le quali venivano picchiate e minacciate di morte, prospettando altresì minacce per i familiari in Romania.

L’indagine, partita da più di un anno, dopo la denuncia ai militari del Nucleo Operativo dell’Eur di una ragazza di 16 anni, che si prostituiva sotto costrizione sulle strade della capitale, ha consentito di fare piena luce su un sodalizio criminale composto per la maggior parte da albanesi che gestivano l’attività di giovani donne dell’Est europeo, condotte in Italia ed avviate alla prostituzione. Ognuno di loro aveva compiti definiti.

L’indagine, che ha permesso di scoprire questo giro della prostituzione, è stata denominata ‘Kolombo’ ed è stata condotta dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia Roma-Eur sotto la direzione della Dda di Roma. Prese il via nel gennaio 2012 quando una prostituta di nazionalità romena, dedise di raccontare tutto ai militari: dalla fuga dall’abitazione dei suoi genitori in Romania, al tradimento dell’amica connazionale che l’aveva ospitata per poi ‘venderla’ ad un uomo che, disponendone come un oggetto, l’aveva obbligata a trasferirsi in Italia e a prostituirsi.

Nel corso dell’indagine è emersa anche la violenza che i componenti dell’organizzazione riversavano sulle donne sfruttate, che venivano picchiate e minacciate di morte, prospettando minacce anche per i familiari in Romania. Il tutto al fine di costringerle a prostituirsi e a corrispondere all’organizzazione la somma di 300 euro settimanali. Oltre al gruppo degli albanesi, tra gli 11 destinatari delle misure figurano: un uomo di nazionalità egiziana, che si occupava di regolarizzare sul territorio nazionale le ragazze sfruttate dall’organizzazione, stipulando falsi contratti di lavoro con le stesse al fine di consentire loro di acquisire la residenza a Roma e ottenere documenti d’identità italiani; un italiano che aveva compiti meramente logistici, occupandosi, a bordo della propria autovettura, di accompagnare le ragazze sul posto di lavoro, fornire loro cibo e altro, ricevendo come corrispettivo oltre a denaro anche prestazioni sessuali gratis.

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