Roma, 14 giu. (LaPresse) – L’ex prefetto Francesco La Motta è stato arrestato, su ordine della procura di Roma, nell’ambito di una inchiesta relativa al fondi del Viminale. Lui, e altre tre persone, devono rispondere di peculato e falsità ideologica. L’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita dai carabinieri del Ros. Le altre tre persone per le quali è scattata l’ordinanza sono: Klaus Beherend, ex banchiere, Eduardo Tartaglia, finanziare, e Rocco Zullino, che di professione fa il broker. Zullino e Tartaglia si trovano già in carcere per altri reati. Napoletano, 64 annni, il nome de La Motta è apparso in una indagine nell’11 maggio scorso. Stando al quadro accusatorio, l’ex numero uno del Fondo edifici di culto (Fec), avrebbe affidato a Rocco Zullino dieci milioni di euro del Viminale. Ex vicecapo dell’Aisi, il servizio segreto civile, La Motta è stato direttore del Fec dal 2003 al 2006.

L’ACCUSA. Dieci milioni di euro spariti dalla casse del Viminale e investiti in una finanziaria svizzera. E’ su questo che indaga la procura di Roma. Si tratta del filone di una inchiesta che i pm della capitale dividono con i colleghi di Napoli. La vicenda riguarda il denaro del ministero dell’Interno gestito dal Fondo per gli edifici di culto, di cui La Motta è stato direttore dal 2003 al 2006. Gli accertamenti sono partiti da una inchiesta della procura di Napoli sul riciclaggio e sugli affari del clan Polverino. Dalle indagini sarebbero emersi elementi relativi ai soldi sottratti dal prefetto, per questo gli atti sono stati trasferiti a Roma e collegati alla denuncia sull’ammanco presentata tempo fa dai responsabili del Fondo per gli edifici di culto.

La Motta, che è accusato di corruzione e peculato, avrebbe trasferito i dieci milioni di euro in Svizzera. Una iniziativa di cui, stando alle verifiche del Ros dei carabinieri, il ministero sarebbe stato al corrente. Nei mesi scorsi, gli investigatori hanno perquisito su disposizione del pm Paolo Ielo l’abitazione e l’ufficio dell’Aisi dove il prefetto – in pensione – continua ad avere un incarico di consulenza. Il sospetto è che abbia affidato a Zullino, broker di Lugano, l’investimento in Svizzera. A sua volta, Zullino si sarebbe affidato a Tartaglia, cugino dell’ex prefetto. Il banchiere Beherend, in pensione dal 2009, avrebbe preparato il piano di investimento da fare in Svizzera.

VIMINALE PARTE LESA. “Il ministero dell’Interno è parte lesa dei crimini e responsabilità che vengono addebitate al prefetto Francesco La Motta. E si augura che la magistratura vada fino in fondo”, ha commentato il ministro dell’Interno Angelino Alfano, a margine della Conferenza dei prefetti 2013.

GIP: “BEFFA PER I CITTADINI”. Un fatto di “eccezionale gravità” e una “indicibile beffa per i cittadini che in un’epoca di necessaria austerità, debbono apprendere dai giornali che soldi pubblici gestiti da un ministero, quello dell’Interno, che opera per la sicurezza pubblica erano andati a confluire su un conto, poi svuotato, per effettuare trasferimenti a favore della Silgocom, società svizzera a cui erano pervenuti anche soldi provenienti dalla criminalità organizzata”. Così il gip romano, Massimo Di Lauro, descrive i tratti della vicenda che ha portato agli arresti. La Motta, “quale prefetto, avrebbe asservito la funzione pubblica ad interessi privati”, scrive ancora il gip, aggiungendo che il rischio è che tutti gli indagati “commettano ancora gravi delitti” anche perché appare “notevole e significativa la pericolosità sociale”.

La Motta, sottolinea il magistrato, aveva “aderenze con appartenenti ad apparati dello stato”. Per questo, ritiene il giudice, “sono più che concrete le possibilità di inquinare le indagini”. Il gip cita un “cercato contatto con la persona che si ipotizza essere consigliere di Cassazione”, “contatto che per altro potrebbe essere legato non alle indagini in corso ma al conseguimento del prossimo incarico di cui La Motta fa accenno in una seconda telefonata”. Il magistrato poi sottolinea “come il tenore delle conversazione da un lato e l’immediatezza con cui l’ex prefetto viene ricontatto la dicano lunga sulle aderenze di La Motta con appartenenti apparati dello Stato”.

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