Bergamo, 27 set. (LaPresse) – “Non mollate la pista del cantiere, i cani non sbagliarono”. Una nuova lettera anonima è arrivata all’Eco di Bergamo, a riaccendere i riflettori sulla vicenda di Yara Gambirasio, la giovane scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata morta tre mesi più tardi a poca distanza dalla casa in cui viveva con la famiglia, a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo. Il quotidiano bergamasco più volte in passato è stato il destinatario di messaggi spediti da parte di persone anonime e non sempre giudicate attendibili dalle forze dell’ordine.

“Mohamed (Fikiri, ndr) – si legge nella missiva – sa di un uomo visto nel cantiere a novembre che minacciava. Sa che (Yara, ndr) è stata caricata su un furgone bianco. Sa che una settimana dopo quell’uomo era ancora a Mapello. Sa che Yara non è rimasta sempre nel campo di Chignolo, ma ci è stata portata dopo, e che l’uomo su un’auto targata… (omettiamo il numero, ndr) era presente di nuovo una settimana prima del ritrovamento, sempre a Mapello. Non dimenticate Yara!”.

Ancora una volta viene tirato in ballo Mohammed Fikri, il cittadino di origine marocchina che subito dopo la scomparsa di Yara venne fermato a causa di un errore di traduzione dall’arabo all’italiano di una frase intercettata dagli investigatori (“Allah, perdonami, non l’ho uccisa io”, invece di “Allah ti prego, fa’ che risponda”). E, ancora una volta, il cantiere di Mapello torna ad avere un ruolo centrale nella vicenda. Secondo quando scrive l’Eco di Bergamo, poi, l’auto citata nella lettera anonima risulterebbe un’Audi A4 intestata a un cittadino della provincia di Modena, ma non si sa ancora se le forze dell’ordine abbiano intenzione di verificare quanto scritto nel messaggio senza firma.

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