Speranza frena gli 'aperturisti': "Prudenza"

“Bisogna cominciare ad aver di nuovo il ‘gusto del futuro'” e “ridare speranza al Paese, pensando a programmare e alle riaperture”, parola di Mario Draghi. Il premier partecipa al tavolo con i governatori ed è consapevole che “soltanto attraverso un sincero rapporto di collaborazione tra Stato e Regioni si riuscirà a vincere questa battaglia” contro il Covid. L’Italia si appresta a vivere un’altra Pasqua in zona rossa, e mentre si osserva con speranza una curva dei contagi in discesa (oggi sono 12.916) aumenta con preoccupazione la pressione sugli ospedali e la soglia di allerta delle terapie intensive, superata in molti territori della penisola. L’Italia continua a piangere, infine, troppi morti. Parlare di riaperture, tuttavia non è un tabù, nemmeno per Draghi, che rinnova la necessità di uscire da questa “situazione di inattività”.

Non è però questo il momento, ribadisce il ministro per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini, che prende tempo rimandando a un tagliando delle misure tra il 15 e 20 aprile. Fino ad allora, spiega “ci vorrà ancora molta attenzione, ma poi se i numeri migliorano all’interno del dl servirebbe un automatismo per prevedere aperture mirate senza il bisogno di approvare un nuovo provvedimento”. E’ questa la linea di demarcazione tra le due anime della maggioranza, una più rigorista e una più aperturista. Certificare in Cdm il timing della ripresa delle attività. L’ipotesi avanzata dai due soci di centrodestra è inserire un nuovo parametro per l’ingresso in zona gialla o una soglia sotto la quale le regioni possano tingersi di giallo e riportare alla vita bar e ristoranti, ma anche riaprire le scuole fino alla terza media oltre ai teatri e ai cinema. La proposta, però, non piace al titolare della Salute, Roberto Speranza, che frena, richiamando alla “prudenza”. “Sono i numeri dei decessi, del contagio e delle terapie intensive a imporci attenzione – rilancia nel corso dell’incontro – Con 3.721 posti letto in terapia intensiva occupati non possiamo fare un passo troppo lungo. Le prossime settimane saranno decisive per le vaccinazioni e potremo cosi’ programmare l’estate e la graduale uscita dalle restrizioni sulla base delle evidenze scientifiche e dei dati del monitoraggio che sono e restano la nostra bussola”. Insomma se per il centrodestra già a fine aprile si potrebbe rialzare qualche serranda, per il più rigorista dei ministri, una qualsiasi programmazione può essere pensata non prima di questa estate. E’ sulle riaperture che continua a consumarsi lo scontro, con le componenti dell’esecutivo che vanno a due diverse velocità. Intanto l’impianto del decreto non dovrebbe cambiare nella sostanza, mantenendo per il momento la divisione in due fasce di rischio, con l’arancione, in cui si conferma la Dad al 50 per cento per le scuole superiori, e la rossa con parrucchieri e barbieri chiusi.

Sul fronte vaccini invece è stata sotterrata l’ascia di guerra. Il chiarimento era arrivato già nei giorni scorsi e nella riunione di oggi Draghi assicura che “gli obiettivi prefissati per aprile e maggio, in riferimento alle forniture di vaccini e al numero delle vaccinazioni, pari al mezzo milione di vaccinati al giorno, non sembrano più così lontani”. La campagna migliora di giorno in giorno e rapidamente, è la constatazione, e con il rifornimento assicurato dalla Commissione Ue “le dosi dovrebbero essere più che sufficienti per raggiungere l’immunità per il mese di luglio in tutta l’Europa”. Una distensione certificata anche da Giovanni Toti, “andiamo avanti con una grande unità di intenti”, e da Bonaccini che conferma “l’impegno comune col Governo per campagna vaccinale, per poi ridare presto fiducia al Paese”.

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