Nel mirino il trasferimento del calciatore dalla Juventus al Genoa nel 2012

“La Corte di Cassazione rigetta il ricorso” di Ciro Immobile e “condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 8 mila euro, oltre alle spese prenotate a debito”. È quanto si legge nella sentenza della Quinta sezione civile della Cassazione che ha respinto il ricorso del calciatore contro la sentenza emessa nel 2019 dalla Commissione tributaria della Campania per “la sussistenza di reddito da lavoro dipendente sottratto a tassazione”. “In occasione del suo trasferimento dalla Juventus Football Club s.p.a. al Genoa Cricket FC s.p.a., avvenuto nel 2012, Immobile era stato assistito dall’agente Alessandro Moggi”, che doveva gestire il trasferimento emettendo “fattura nei confronti della società acquirente con la causale ‘corrispettivo per consulenza, assistenza e prestazione di servizi inerente il trasferimento del calciatore Ciro Immobile dalla Juventus’, che la società aveva poi registrato in contabilità, deducendo fiscalmente il relativo importo come costo”, si legge nella sentenza. Secondo l’Agenzia delle Entrate, si trattava di una “operazione simulata che aveva comportato per la società acquirente un indubbio vantaggio fiscale”, come hanno confermato i giudici. Il bomber biancoceleste si era difeso sostenendo che il suo agente era Marco Sommella ma “le indagini avevano dato prova dell’esistenza di rapporti diretti fra il Moggi e il contribuente, sia tramite l’evidenza di versamenti effettuati dal Sommella al Moggi, con la causale ‘compenso Immobile’- si legge nel verdetto- sia tramite il rinvenimento di un manoscritto dello stesso Moggi, contenente un elenco dei calciatori da lui assistiti, che recava anche il nome del contribuente”.

Il capitano della Lazio ha affidato la sua replica a Instagram: “Tengo a ribadire la mia buona fede rispetto alle contestazioni mosse tempo fa dall’Agenzia delle Entrate e ricordo che l’importo richiesto era stato già bonificato prima della pubblicazione della sentenza della Cassazione”. 

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