L'Eire ha battuto gli Azzurri 1-0 con un gol di Brady a cinque minuti dalla fine e si è qualifica per gli ottavi

Non era così che l'aveva immaginata e preparata Antonio Conte la terza uscita europea dell'Italia, ma in fondo la sconfitta di misura contro l'Irlanda non deve suscitare né sorpresa né scandalo. Il turnover esasperato porta anche a queste prestazioni, senz'anima e senza senso, vissute al minimo sindacale nonostante fosse una chance da sfruttare per molti panchinari azzurri destinati a rimanere tali. Consola il fatto che chi dovrà sbattersi lunedì prossimo negli ottavi di finale contro la Spagna ha riposato e si è rigenerata. Soprattutto ha mandato a memoria la solita lezione: l'approccio è determinante, sempre e comunque.

MARTELLATORI – Certo, non poteva essere la stessa Italia delle prime due partite, del resto la rivoluzione tecnica in qualche modo andava pagata, eppure non doveva nemmeno essere la squadra bonsai del primo tempo, capace di tirare in porta una sola volta, con Immobile, dopo 42 minuti di difesa strenua e a tratti disordinata della porta di Sirigu, con troppe occasioni concesse all'Irlanda, che è un gruppo di volenterosi martellatori del pallone con poca qualità (giusto Brady) e priva di un attaccante capace di sbatterla dentro.

DETERMINAZIONE – E' stato soprattutto l'atteggiamento a fare la differenza: i ragazzoni di O'Neill, costretti a vincere per artigliare la qualificazione, sono scesi in campo con una ferocia che si è notata fin dalla prima entrata su De Sciglio; gli azzurri invece parevano votati a una gara diversa, con motivazioni diverse, meno urgenti, meno agguerrite. I moniti del ct sono evaporati nel caldo appiccicoso di Lille, su un campo non adatto a una sfida valida per l'Europeo, anche se la Nazionale non ha mai sbracato e non ha mai sbandato. Ma ha subìto, questo sì.

INTRAPRENDENZA – E' vero, però, che da chi si gioca(va) il posto per il futuro forse sarebbe stato lecito attendersi qualcosa di più e di diverso, da Bernardeschi a Sturaro, da Thiago Motta alla coppia "ignorante" Zaza-Immobile, da De Sciglio a Ogbonna. Salviamo Insigne che, appena entrato, ha subito colpito un palo, l'unico ad avere il sacro fuoco addosso. Ma è altrettanto vero che non è semplice rifondare una squadra quasi da zero, con nove cambi, con meccanismi da oliare, con pensieri magari collocati altrove. Ci sarebbe voluta un'aggressività più marcata, invece l'Italia per un bel pezzo ha subito l'intraprendenza degli avversari, che si sono lamentati per un rigore non concesso dall'arbitro in capo a una spinta di Bernardeschi: ci sono stati penalty concessi per molto meno, in effetti.

INSEGNAMENTI – Conviene archiviare la sconfitta in fretta, il più in fretta possibile, ma traendo preziosi insegnamenti. A Parigi, contro la Spagna, servirà altro e serviranno anche altri giocatori. Servirà l'umiltà del debutto contro il Belgio, quando nessuno avrebbe scommesso un centesimo sugli azzurri. Il segreto, adesso, è  resettare tutto e ricominciare come se niente fosse successo. Irlanda compresa.

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