Bianconeri vicinissimi al quinto titolo consecutivo dopo la vittoria di Firenze
Mancano 90 minuti, quelli del posticipo Roma-Napoli, tra la Juventus e il suo quinto scudetto consecutivo, cioè tra se stessa e una dimensione quasi surreale. Il successo contro la Fiorentina, artigliato nei minuti finali con una zampata di Alvaro Morata, mette i bianconeri nella condizione di aspettare senza ansia l'esito della sfida dell'Olimpico: se la squadra di Maurizio Sarri non dovesse vincere, la conquista del titolo diventerebbe matematica e potrebbero avere inizio le danze e le feste, le celebrazioni e le glorificazioni. In caso contrario, bisognerà aspettare domenica e il Carpi. Ma siamo ai titoli di coda, questo è ovvio: nessuno ormai puo' scucire lo scudetto dalla maglia dei campioni d'Italia.
La Juventus ha tacitato tutti con una remuntada fuori dall'ordinario, scrollandosi di dosso ruggini e scetticismi, pensionando Tevez, Pirlo e Vidal, cancellando l'ombra di un clamoroso flop, perché va detto che l'inizio del campionato è stato disastroso, ai limiti dell'incredibile. Subito una sconfitta (allo Stadium contro l'Udinese nella gara del debutto), poi altri passaggi a vuoto prima della rinascita, scaturita dalla malleabilità di Massimiliano Allegri e dalla solidità dello spogliatoio, trainato dal nucleo dei senatori. Dopo Sassuolo è cominciato il miracolo che ha portato i campioni d'Italia fino qui, a Firenze, a quei 90 minuti di Roma-Napoli. La sensazione, comunque, è che se non sara' adesso sarà questione di una settimana, la prossima: si, ormai lo scudetto sembra scolpito nel libro del destino.
Mandzukic ha sbrecciato la partita del Franchi, con un gol – il decimo del croato – che è uno spot del bel calcio, in capo a un'azione che ha chiamato in causa Khedira, Pogba e Supermario, un tipo da prendere sempre con le molle. La forza della difesa, la solidità del centrocampo, la classe di alcuni giocatori come Pogba e Dybala hanno spostato sempre qualsiasi equilibrio. La Fiorentina ha retto fino a che ha potuto, penalizzata dall'arbitro Tagliavento che ha annullato sullo 0-0 una rete buona a Bernardeschi. Ha avuto il cuore di raggiungere il pareggio con Kalinic, complice un errore di Bonucci, ma non aveva fatto i conti con la rabbia di Morata, appena entrato al posto di Dybala. E con la grandezza di Buffon, che ha parato al novantesimo un rigore (generoso) a Kalinic, e la relativa ribattuta. E' lui il testimonial scudetto dei bianconeri.
Di fronte alla Juventus, a questa Juventus dai numeri mostruosi, tutti gli altri sono stati ridotti a bonsai, per l'appunto dal Napoli alla Roma, per tacere delle milanesi. Ognuno, a suo modo, ha recitato un ruolo da comprimario. Se proprio si vogliono cercare e trovare delle eccezioni alla regola, salta all'occhio la stagione eccellente del Sassuolo, che ha battuto anche il Torino al debutto dello stadio intitolato al Grande Torino. Eusebio Di Francesco ha vinto uno scudetto particolare, quello delle provinciali e del bel calcio, dell'italianità al centro di un progetto sano e genuino.
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