Un team vincente che contribuisce a proiettare la squadra in una dimensione assolutamente leggendaria
Non è solo lo scudetto, acciuffato tra l'altro in capo a una rimonta incredibile. C'è molto altro, in effetti. Perché quello conquistato oggi, in concomitanza con l'esito del posticipo tra Roma e Napoli, è il quinto di fila e contribuisce a proiettare la Juventus in una dimensione assolutamente leggendaria. Cinque titoli di seguito, i bianconeri li avevano già vinti, ma erano gli Anni Trenta e, onestamente, la concorrenza non era così agguerrita e allargata, un football più genuino e più impolverato. Cinque come quelli del Grande Torino; cinque come quelli dell'Inter, ancorché contaminati dai miasmi di Calciopoli.
Andrea Agnelli, il presidente, fin dall'inizio della stagione ha sempre puntato sullo scudetto, accarezzando l'idea di entrare nella storia a passo di carica: cinque titoli in sei anni di gestione rappresentano un risultato insperato e incredibile insieme, il sigillo in ceralacca sulla bontà della gestione societaria. Sarà un concetto rimasticato, ma senza la solidità del club non possono esistere risultati prestigiosi e duraturi. Agnelli più Giuseppe Marotta, più Pavel Nedved, più Fabio Paratici: i trionfi bianconeri nascono principalmente in corso Galileo Ferraris e poi, per estensione pratica, a Vinovo. Lì il re indiscusso da due anni a questa parte è Massimiliano Allegri, allenatore che possiede il phisique du role per accomodarsi su una panchina tanto prestigiosa quanto scomoda. Lo ha capito lo scorso autunno, quando l'incipit della Juventus è stato disastroso, una sconfitta dietro l'altra, posizione in classifica più vicina alla retrocessione che allo scudetto, facce stranite e pessime sensazioni.
Già, perché prima della fantastica rimonta – 24 successi nelle ultime 25 partite – Allegri non se l'è passata benissimo. Però ha avuto la forza per resistere e il buon senso per ascoltare il parere dello spogliatoio. Non era facile riassemblare una squadra senza Tevez, Pirlo e Vidal, con 10 giocatori nuovi, con l'equivoco del trequartista. E, infatti, c'è voluto un po' di tempo. E umiltà. E la flessibilità per accettare la rinuncia al trequartista e per riabbracciare la filosofia del vecchio (ma funzionale) 3-5-2. Nello spogliatoio di Reggio Emilia, dopo il ko con il Sassuolo, è nata la Nuova Juventus, che in realtà era simile a quella vecchia e i risultati si sono visti. In piena bufera, è stata ancora una volta la società a mantenere la barra dritta, a difendere Allegri, a sollecitare la squadra, a chiedere ai senatori di prendere in mano la situazione. Agnelli, più Marotta, più Nedved, più Paratici: una (mini) formazione vincente.
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