Le differenze tra i Paesi economicamente floridi e quelli in via di sviluppo

Con l’aumento delle popolazioni che invadono gli habitat della fauna selvatica, aumentano i conflitti tra uomini e animali. Secondo uno studio pubblicato dall’Università del Queensland e dalla Griffith University in Australia, il mondo è interessato a preservare le specie in via di estinzione, ma non condivide l’onere di pagare per questo. La ricerca ha valutato 133 Paesi. In Kenya, ad esempio, i lavoratori agricoli hanno poca fiducia nel sistema di compensazione, cioè quello che prevede compensazioni per evitare l’uccisione di animali selvatici, spesso carnivori. Lo studio analizza l’impatto in base alle differenze tra le diverse economie mondiali: i Paesi più poveri pagano di più il prezzo della salvaguardia delle specie a rischio. L’autore dello studio pubblicato su Communications Biology è il biologo della conservazione Alexander Braczkowski. Spiega come i ricercatori abbiano confrontato l’impatto delle perdite economiche tra gli agricoltori di diverse parti del mondo: “Abbiamo cercato di capire se una comunità in Kenya o una comunità in Svezia o una comunità in Norvegia perdesse un singolo vitello di 250 chilogrammi, quale sarebbe l’impatto sul reddito pro capite. E abbiamo scoperto che i Paesi che vivono nelle economie in via di sviluppo, soprattutto nel Sud del Mondo, e che vivono a contatto con animali carnivori, come ghepardi, leoni e tigri, soffrono di una vulnerabilità economica circa 8 volte superiore rispetto alle economie sviluppate, come gli Stati Uniti, la Svezia e la Norvegia”, afferma Braczkowski. Finché le popolazioni locali saranno costrette a scegliere tra la sopravvivenza delle loro famiglie e quella degli animali, però, sembra suggerire la ricerca, uccidere i predatori sarà sempre l’opzione più facile.

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