“Mi fa tanta tristezza. Parlando con la figlia ci siamo ricordati nel 2017 quella meravigliosa festa per i 50 anni di carriera. In realtà, quel giovanissimo Benvenuti, qui a Roma nel ’60, ci ha accompagnato non solo, credo, a chi segue lo sport e il pugilato in particolare, ma a intere generazioni”. Così il presidente del Coni Giovanni Malagò, a margine della camera ardente per il campione di pugilato Nino Benvenuti, allestita nel salone d’onore del comitato. “I titoli sportivi parlano da soli – aggiunge Malagò – nel bene e nel male di come siano andati i combattimenti, è sempre stato qualcosa di epico. Poi bello, proprio bello, fino alla fine, anche con quella sua personalità, con quel suo stile“. Il presidente ricorda poi un titolo di giornale di oggi: “Se ne va l’ultimo dei grandissimi di una certa epoca. Non che ai giorni d’oggi non ci siano dei giganti, però insomma quella connotazione storica anche di un’Italia dopo la guerra, con la sua vicenda familiare e personale, il dramma di chi gli è stato vicino, la deportazione. Tutte queste storie fanno riflettere”. “Basta dire – continua il titolare del Coni – che pochi mesi , non anni, dopo Benvenuti non avrebbe gareggiato con quella canotta azzurra e con quello stemma dell’Italia”. “Cosa lascia in eredità ai pugili di oggi? Una cosa molto semplice: che devono trarre esempio. Sacrificio, dedizione, stile, sotto tutti i punti di vista. Aveva le sue idee, anche forti e importanti, però sempre con la sua classe. Questo è un aspetto imprescindibile, consentitemi di dire, soprattutto nel mondo dello sport“. “Credo che tutti gli italiani, certamente non solo noi, ma noi in modo particolare, dobbiamo dirgli grazie”, conclude Malagò.
