Il campione in carica si è fermato a quota 2,27 con tre errori: "Non riesco ad accettarlo"

La notte attesa da tre anni finisce con un altro giro imprevisto in ospedale e un adieu anticlimatico, con tre errori a quota 2,27 e un anonimo undicesimo posto. Questa volta a Gianmarco Tamberi non riesce il miracolo, un ultimo coup de theatre a cui spesso ha abituato nella sua incredibile carriera: è un’altra colica renale, e non l’asticella dello Stade de France, a frenare i suoi sogni di gloria per un bis olimpico nel salto in alto che continua a restare un tabù. Vale sia per l’azzurro, debilitato nel corpo dai malanni che hanno condizionato il suo avvicinamento a Parigi 2024, che per il suo rivale-amico Mutaz Barshim, che deve accontentarsi del bronzo nella gara vinta nel salto degli spareggi dal neozelandese Hamish Kerr. Con un superlativo Stefano Sottile che fa sperare l’Italia e si ferma ai piedi del podio con il quarto posto a 2,34.

Gara che Gimbo è costretto ad osservare con malinconia, inconsolabile, dalla pedana. “Non riesco ad accettarlo – ha commentato a caldo, commosso, davanti alle telecamere – Era quella che sentivo come l’ultima vera gara, quella per cui dedichi la vita perché io lo sport lo affronto così, dedicandogli la vita. Mi dispiace da morire perché veramente non me lo meritavo, sono sincero”.

Il sabato surreale di Tamberi inizia con l’annuncio via social di una colica notturna, prosegue – sempre tramite Instagram – con una foto, pubblicata dalla moglie Chiara Bontempi, di Gimbo in ospedale con una flebo attaccata al braccio. Il viaggio in ambulanza in pronto soccorso (“dopo aver vomitato sangue due volte”) non ferma l’olimpionico di Tokyo, che nonostante l’incubo delle ultime ore si presenta ugualmente in pedana. Come aveva promesso e ricevendo l’ovazione dello Stade de France, caldissimo nei suoi confronti. Questa volta però non ci sono gag, talismani o siparietti a soccorrere il campione azzurro. La condizione è precaria e si vede subito. Lo stacco non è esplosivo, la corsa manca di velocità, salto dopo salto l’incubo diventa sempre più reale. Gimbo supera a fatica – all’ultimo tentativo – quota 2,22, poi si deve arrendere a 2,27. A quel punto è costretto a guardare gli altri da fuori. Immerso nei pensieri dentro la sua felpa con il cappuccio. “Volevo continuare ad essere qui fino ad oggi con la stessa fame – ha ammesso – La fame c’era ma mancava tutto il resto”.

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