Dall’inviato Andrea Capello

Baku (Azerbaigian), 21 giu. (LaPresse) – Era la forma di allenamento con cui fin dagli anni ’20 si tenevano in forma i militari dell’Armata Rossa. Dal 1970 esistono i mondiali ed il sogno è quello di entrare come disciplina dimostrativa ai Giochi Olimpici di Tokio 2020. E’ il Sambo che domani vivrà la sua unica giornata di gloria ai Giochi Europei di Baku. A combattere sia uomini che donne per un totale di 72 atleti di 21 paesi (non l’Italia) ed otto medaglie d’oro da assegnare alla Heydar Aliyev, il padre dell’attuale presidente Ilham. La sua data di nascita ufficiale è il 16 novembre 1938 quando fu riconosciuto come disciplina sportiva dal Comitato Superiore per la Cultura e lo Sport dell?Urss. Nel Sambo si riscontrano infatti gli stili tradizionali di quelle regioni che vantano secoli di esperienza nelle discipline da combattimento (alcune delle quali praticate ora a livello folkroristico) come la lotta mongola, la lotta turkmena o la lotta moldava.

IN ITALIA ARRIVA ALLA FINE DEGLI ANNI 70-. In Italia il Sambo è approdato alla fine degli anni Settanta, quando la Federazione Italiana Lotta Pesistica e Judo nel 1979 ha organizzato dei campionati nazionali di Sambo fra le società sportive ma non è riuscito a trovare uno spazio significativo. Le nazioni maggiormente rappresentative nella disciplina sono tutte dell’Est Europa. Dalla Russia alla Romania passando per Bulgaria, Georgia, Moldova, Ucraina ed ovviamente Azerbaigian dove la città di Ganja, situata nel nord-ovest del Paese è considerata una vera e propria fucina di talenti: “ci aspettiamo medaglie da tutti i nostri atleti”, le parole del coach azero Yagub Abdullayev.

Secondo l’allenatore della Romania, Viorel Gasca, questi Giochi “sono l’opportunità per dimostrare al mondo la bellezza del Sambo”. Uno sport ‘maschio’ dove le più agguerrite sono però le donne. Almeno a sentire le parole del tecnico rumeno: “Quando le ragazze si infortunano ad un braccio piuttosto che ad un ginocchio tirano avanti – racconta sorridendo – i maschi invece si lamentano per il dolore”.

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