Dal nostro inviato Attilio Celeghini. Crespano del Grappa (Treviso), 30 mag. (LaPresse) – Sui sentieri dove ogni sasso richiama la tragedia della Grande Guerra, Nairo Quintana ha vinto la sua battaglia. A chi ancora dubitava della sua leadership, nel pieno delle polemiche post-Stelvio, il ‘Condor’ colombiano ha risposto nel modo più convincente possibile. Vincendo. La attendeva con grande ansia, l’uomo di punta della Movistar, la durissima cronoscalata da Bassano al Monte Grappa, uno dei momenti clou, se non quello decisivo, del Giro d’Italia 2014. La attendeva perché sapeva che su questo percorso, disegnato per esaltare le sua qualità, avrebbe messo a tacere tutti i ‘nemici’. E dimostrato, se ce ne fosse bisogno, che il padrone del Giro è solo uno e che quella maglia rosa se la merita tutta. “Ho fatto ciò che la gente voleva vedere”, è il primo commento al traguardo del Grappa. Quasi un richiamo al motto del ‘Gladiatore’ cinematografico: conquista la folla e conquisterai la libertà. E’ quanto ha fatto oggi Quintana.
“Lo avevo detto: ho quello che ci vuole per vincere il Giro”, scandisce a chiare lettere esibendo la sua unica espressione facciale, quella da ‘duro’, in netto contrasto con il sorriso contagioso che caratterizza il connazionale e rivale Rigoberto Uran. “Non volevo dirlo prima, ma – spiega – questa è la mia specialità. Non potevo lasciarmi sfuggire questa tappa senza vincerla. Il grande lavoro della squadra mi ha dato forza, aiutandomi a preparare al meglio questa crono”. Ormai niente e nessuno sembra potergli sfilare la maglia rosa conquistata in Val Martello. E si guarda oltre il Giro: Quintana si candida a dominare la scena internazionale dei prossimi anni – la carta d’identità del resto è dalla sua parte – investendosi capofila dei colleghi suoi coetanei, come Fabio Aru. La leva ciclistica della classe ’90, che si propone di ‘rottamare’ gli avversari più anziani. Con il dovuto rispetto, s’intende: “Loro hanno molta esperienza, più anni. Dobbiamo continuare a migliorare se vogliamo batterli. Il fatto che tanti nati negli anni ’90 stiano facendo bene è un bel segnale. Di sicuro, brilleremo nei prossimi grandi giri. E’ una buona annata, visti tutti questi corridori”.
Tra tutti, il nome di Quintana ormai è una garanzia: “Il Tour mi ha dato l’opportunità di dimostrare al mondo chi sono. E anche qui, al Giro, lo sto dimostrando. Prima – continua – ero uno sconosciuto. Ora tutti sanno che posso lottare per le gare di tre settimane”. Un’impresa sul mitico Zoncolan nella tappa di domani, la penultima prima della passeerella da Gemona a Trieste, potrebbe regalare nuova luce alla sua stella. Ma il colombiano, per ora, vola basso: “Ho visto la salita, mi piace, è abbastanza dura. Sono le montagne che piacciono a me. Anche se quest’inverno non ho potuto spingermi troppo in là a causa della neve. Ho ‘saggiato’ solo la prima parte”. La strategia, spiega, sarà quella di controllare: “Ma se avrò buona sensazioni, perché non cercare di vincere la tappa?”. Se la forma, eccellente, resterà quella sfoggiata negli ultimi giorni, è un’ipotesi che non stupirebbe più nessuno. Anche perché Quintana potrà contare sui consigli di uno che lo Zoncolan lo ha già domato: lo spagnolo Igor Anton, che proprio al termine della ‘salita più dura d’Europa’ trionfò nel 2011.
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