Nel cast Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Valerio Mastandrea
Stefano Sollima torna a raccontare la sua “Roma criminale” con Adagio, uno dei 6 film italiani in concorso a Venezia. La pellicola prodotta da The Apartment Pictures, AlterEgo e Vision Distribution chiude di fatto una trilogia aperta da Suburra e proseguita con Romanzo Criminale. Nel cast Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Adriano Giannini e il giovanissimo Gianmarco Franchini. In una città governata dal caos e devastata dagli incendi e dal buio dei blackout il protagonista, il 16enne Manuel (Franchini), è vittima di un ricatto perpetrato da due carabinieri corrotti. Il giovane riesce a far perdere le sue tracce, ma i ricattatori gli danno la caccia, determinati a eliminare quello che ritengono uno scomodo testimone. Manuel si trova così costretto a chiedere protezione a due ex criminali, vecchie conoscenze del padre (Servillo), interpretati da Mastandrea e Favino.
Tra realtà e distopia
È una Roma diversa da quella di Romanzo Criminale, ma non così lontana dalla realtà attuale. “Elementi funzionali alla drammaturgia sono parte di quello che succede a Roma, mentre scrivevamo c’erano davvero incendi e blackout. Sembrano elementi fantascientifici e distopici, ma è la città“, precisa Sollima per il quale Adagio è comunque “un atto d’amore verso Roma, la chiusura di una trilogia” sulla Capitale “ovviamente vista e traslata in chiave criminale”. “Ce ne saranno altri, non necessariamente a Roma”, spiega ancora il regista. Anche qui è presente la banda della Magliana, ma i suoi membri sono ormai “tre vecchie ‘leggende’ della Roma criminale. Anziani, molto anziani“, per usare le parole di Sollima, protagonista in occasione della presentazione al Lido di un siparietto con Mastandrea, che interpreta un amico non vedente del papà del ragazzo. “Non ricordo di averlo interpretato, vista l’estrema violenza con cui sono stato gettato sul set”, scherza l’attore. “Con l’età sto cominciando a diventare un romanticone e vorrei lavorare con persone che amo, per questo ho condiviso il soggetto con Valerio che mi ha detto: bello e interessante però sono vecchi. Io gli ho detto: parla con tuo figlio”, racconta il regista. E di nuovo Mastandrea: “L’ho interpellato e ho avuto una conferma”. Il collegamento alla banda della Magliana in questo caso è servito solo “a dargli un passato mitologico, la Magliana è un fenomeno sociale ma non c’è nessun collegamento diretto con i personaggi, è sullo sfondo”.
Favino: “Sollima è un regista punk”
Qui Servillo veste i panni di un vecchio boss che finge di aver perso la lucidità di un tempo, mentre un irriconoscibile Favino è l’amico che uscito malato di galera prova a vivere gli ultimi giorni della sua vita lontano dai guai ma, nonostante le vecchie ruggini col padre di Manuel, si rimette in gioco per aiutare il ragazzo e in qualche modo pagare il debito morale verso suo figlio che non c’è più. “Sono al terzo film con Stefano ed è sempre bello il gioco d’invenzione nei suoi film -è l’elogio di Favino-. Stefano per me è un regista punk. Non esiste dio, non c’è mai redenzione nei suoi personaggi, sono come delle falene impazzite ognuno intorno alla propria ossessione”. Servillo, invece, è al suo primo lavoro con Sollima e racconta di essere “rimasto ammaliato dal soggetto, dalla sceneggiatura e dall’incontro con lui sul set“. Il suo personaggio è “una recita nella recita e questo è particolarmente affascinante per un attore”. Applausi convinti in sala per il film che fa calare il sipario sulla Roma criminale raccontata da Sollima, almeno per ora.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata