Il regista Amelio: chi pensa sia un film ostile a Mani Pulite è un cretino
"In politica solo i mediocri rispondono alle domande". Una frase simbolo di Bettino Craxi, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film 'Hammamet', in uscita giovedì e che ripercorre gli ultimi sei mesi di vita del leader socialista, 'confinato' nel suo buen retiro tunisino. La frase, pronunciata da Favino in un video pubblicato sul suo account Instagram, sembra detta davvero da Craxi, e fa tornare indietro di 20 anni. Proprio 20 anni fa il leader politico, che nella pellicola di Gianni Amelio non viene mai chiamato per nome ma solo 'il Presidente', morì lasciando aperti interrogativi su oltre un decennio di storia politica del nostro Paese, di cui fu protagonista assoluto, prima della bufera di Tangentopoli. Favino, che appare completamente trasformato e davvero identico a Craxi, ha postato video di 'dietro le quinte' realizzati proprio ad Hammamet, nella casa che fu del leader socialista. "Alle 4.50 del mattino", ogni mattina, spiega l'attore, i truccatori lo trasformavano. "Questo è il primo momento – dice Favino in uno dei filmati – in cui entro nella casa di Craxi veramente, ed è emozionante. L'ho sempre vista solo nei video. C'era il sole. Sono tutti gli ambienti che ho visto nei video, ed esserci di persona fa un certo effetto".
L'attore prova alcune battute a beneficio dei suoi follower, mostrando una dizione perfetta e una voce identica a quella del leader politico. Il film "non vuole essere una cronaca fedele né un pamphlet militante", sottolinea la sinossi, che spiega: "Sono passati 20 anni dalla morte di uno dei leader più discussi del Novecento italiano, e il suo nome, che una volta riempiva le cronache, è chiuso oggi in un silenzio assordante". Da questo silenzio, Amelio ha voluto tirarlo fuori. La narrazione, che "ha l'andamento di un thriller", si sviluppa su tre caratteri principali: il re caduto, la figlia che lotta per lui e un ragazzo misterioso.
"Non è un film su Craxi – spiega Amelio – anche se è lui il protagonista e il motore del racconto, che comunque si concentra più sull'uomo che sul politico. Il produttore voleva un film su Cavour, ma io ho voluto parlare di qualcosa di più vicino ai giorni nostri". "Vorrei allontanare – aggiunge – l'idea di aver fatto un film politico, e men che meno militante. Parlo di un uomo potente che ha perso lo scettro, e deve fare i conti con la fine della propria vita". Il regista elogia il protagonista: "Favino è stato eroico: ogni mattina sopportava cinque ore di trucco, e ne servivano altre due per ridargli la sua faccia. Ma lui è andato oltre: ha fatto un lavoro mimetico sui gesti, sulla voce, sullo sguardo. Il suo talento è una sorta di malattia, dalla quale spero non guarisca mai".
E l'attore spiega: "In tutti noi esiste una memoria visiva di Craxi, quindi sapevo di non doverla tradire. Il lavoro più interessante per me è stato però cercare di comprendere il suo mondo intimo, l'uomo più che il personaggio pubblico, le sue motivazioni, le sue paure, la sua coscienza. Ho avuto il piacere di conoscere Stefania e, più brevemente, Bobo. La responsabilità maggiore che ho sentito è stata quella di non deludere la loro memoria di figli. Spero di esserci riuscito".
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